martedì 21 aprile 2009



La perennità contro la distruzione. Fa un po’ paura pensare alla transitorietà di tutto, alla dissoluzione di un volto, di un linguaggio, di una forma di fronte agli occhi;
e vedere che quello che pensavi di possedere, d’essere, di significare,
vederlo cadere così, ai tuoi piedi, come una pozzanghera d’acqua, come la tua immagine dissolta di fronte a te negli specchi.


Il soffio e il grido,
il respiro e il pianto,
la forza e la delicatezza,
la paura e la sfrontatezza,
l’audacia di chi non respira, non riflette e si getta a capofitto del momento facendosi male,
la codardia di chi indugia troppo e resta immobile di fronte all’azione.

Cerchi la sensualità del tuo essere femminile aperto, espanso, gioioso, che si riveli al mondo senza riserve: il fare dell’amore e insieme la violenza del suo desiderio


Vuoti a riempire, a cui dare forma, da danzare anche; panni sporchi da lavare,
magliette sudate, fatte dei nostri errori, dei nostri sudori, de nostri liquidi corporei, umori e sbavature fuori dai contorni…

Questa magia bianca, la musica…
Il suo viaggio ogni volta ci porta ad attraversare noi stessi,
strati sovrapposti di vita, d’esperienze, di memorie,
buchi neri, cicatrici, cuciture non ben suturate;
le fessure, gli spiragli, lì dove la cosa trasuda, scivola, scorre fuori,
e piange lacrime e sale senza parole.
Tutto può passare attraverso la musica, qualcuno ha detto…


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