domenica 17 luglio 2011

Sui paesaggi di "Deserto Rosso", M. Antonioni



G. Deleuze: “ un’immagine puramente ottica o sonora non si sviluppa in un’azione ne è indotta a un’azione. Ci fa cogliere, o dovrebbe farci cogliere qualcosa di intollerabile, di troppo potente, troppo ingiusto o qualche volta troppo bello, che andrebbe oltre le nostre capacità sensori-motrici.
Stromboli: una bellezza troppo grande per noi oppure un dolore troppo forte. Una situazione limite, l’eruzione d’un vulcano, ma anche la più banale, una fabbrica, una terra desolata. In ogni evento, qualcosa diventa troppo forte nell’immagine, già il romanticismo aveva cercato di cogliere questo, afferrare l’intollerabile, l’insopportabile, afferrare il dominio della miseria e quindi diventare visionario per produrre una forma di conoscenza e azione dalla pura visione.”
( L'immagine-tempo, cinema2)







E’ perché quello che gli accade non gli appartiene più completamente e solo la metà li riguarda, perché sanno come estrarre dall’evento la parte che non può essere ricondotta all’avvenimento: la parte della possibilità inesauribile che costituisce l’intollerabile, la parte visionaria”.

“Qualche volta è necessario restaurare le parti perse, quello che non si vede nell’immagine, ogni cosa che è stata tolta per renderla più attraente. Oppure al contrario, fare buchi, introdurre vuoti o spazi bianchi, rarefare l’immagine, sopprimere molte cose che sono state aggiunte per farci credere che possiamo vedere ogni cosa, necessario aprire un varco o un vuoto per farci ritrovare il pieno ancora”.


Il movimento della camera segue in un discorso libero indiretto il vagare del personaggio; il cinema diventa funzione del pensiero, il colore sintomo del sentire, della percezione, della psiche in questione, il monocromo segno d'una temporalità interiore che si impone al mondo.
Movimenti della camera tracciano le costanti re- inquadrature del pensiero, della psiche attraverso l'agire o il non-agire del personaggio.

Spazi vuoti o amorfi che perdono le proprie coordinate realiste,
Spazi cristallizzati dove i paesaggi divengono allucinanti;
colori, sostanza figurativa della vicenda: paesaggio industriale, periferico, desolato,
ciminiere sullo sfondo di terre lagunari, esplosione di fiammate incandescenti sulla densità nebulosa del territorio.
Il terreno arido, arso, di fango dissecato é segnato qua e là da crepe irregolari e acque salmastre,
specchi d’acqua opaca e stagnante e fili elettrici sullo sfondo di pinete e costruzioni industriali.
Chiazze di ciminiere, fumi, residui di scorie in combustione, muri esterni in cemento di fabbrica.

Colori, grigio, nero, ocra, cenere, sensazioni di straniamento, perdita, allucinazione;
“qualcosa di terribile nella realtà.”
Fessure, scollamenti, discordanze irriducibili tra soggettività e esterno:
"i corpi sono come separati;”
“Non riesco a guardare a lungo il mare, si muove in continuazione, allora quello che succede a terra non mi interessa più”.

L’indecidibile é il potere di falsificare la struttura apparente della realtà posizionandosi di fronte ad essa come di fronte a un enigma, un’investigazione sul senso , una serie di biforcazioni, labirinti, sentieri possibili, virtualità non ancora prese in conto, accidentalità o accidenti ricorrenti sul cammino. Esiste questa inconoscibilità del reale, dell’individuo posto di fronte a alterative indecidibili che s’aprono ai suoi occhi come in intervalli di realtà, lui estraneo, a un passo indietro, o forse leggermente scollato, discostato nella sua perfetta aderenza rispetto ad essa. Ed è forse il corpo a essere giocato, preda di multipli vettori, e allora l'incomprensibile è confrontandosi al proprio gioco di forze, sé stessi governati, giocati da tali vettori di intensità più forti della propria capacità di reagire, comprendere, avere coscienza.

"Camera Consciousness": é la coscienza della cinepresa dentro una percezione in atto, un sentire, uno sguardo indagatore che si sposta attraverso gli oggetti, le insorgenze della realtà;
dentro la mente dell’individuo, non nell’azione ma restando a guardare, quello che è nella situazione data, attraverso le attitudini, le posture o le imposture d’un corpo.

Le fluttuazioni d’ un viso, l’apparire enigmatico d’uno sguardo, i silenzi, le pause, i tremori incontrollati d’una voce,
le oscillazioni d’un passo, gli intervalli, le sospensioni, i repentini passaggi di stato, d’umore,
i momenti di scivolamento, di pericolosa dispersione d’una psiche.





In una delle ultime scene del film appare un'immagine astratta, a-referenziale, abitata da un uso altamente soggettivo del colore.  Il personaggio vaga in una sorta di deposito industriale a cielo aperto riempito di ferraglia, oggetti eterocliti, strani, incomprensibili a prima vista, corde, tubature, pezzi di ferro, linee affusolate, ripiegate o contorte, ora ritagliate o irte in forme irregolari ergendosi come depositi frastagliati di materia sullo sfondo arancio elettrico della sponda esterna d’una nave.
In tale labirinto di realtà l’individuo si sposta, si rivolta, si cerca posizionandosi su questo piano di inconoscibilità.
Lo sfondo rosso del metallo si alterna al nero in monocromi sintomatici di un paesaggio allucinatorio, totalmente interiore.
Lo spazio é attraversato da una serie di impedimenti, fili sospesi, corde, imbracature.
Intervalli grigio-metallici su arancio, ombre di oggetti non visibili nell’inquadratura.

Vagare sullo sfondo di questo piano infinito, indefinito, fatto di strati di vernice sovrapposti e scrostati,
strani graffiti di ferro e ruggine incisi, in pentagrammi di rigature e squame, ruggine rossiccia e chiazze.
Spazio di non facile accesso, corde tese, avanzare gettando le mani avanti, scavalcare gli oggetti,
esitare, perdere l’equilibrio, qualcosa di incomprensibile nella realtà,
di feroce e spaventoso perché fluttuante, inesistente se non nella mente del personaggio.

Macchie di petrolio nero-brillante compaiono sulla superficie dell’acqua scintillante in gocce irregolari,
 in chiazze oscure di pasta densa e oleosa simile a catrame liquido ricoperto di striature verdastre.
Si estende a macchia, intacca la superficie verde e opaca d’acqua.
Rilucente fluttua in chiazze, in forme irregolari,
si estende in protuberanze, in eruzioni cutanee di materia stagnante;

scoria rilucente e inassimilabile senza riuscire a dissolvere, diluirsi, essere riassorbita dalle profondità del mare.