martedì 7 aprile 2009


Il movimento nello spazio sposta la nostra percezione di...

Scopro il tempo come qualcosa di assolutamente soggettivo, interiore, effimero; lo misuro attraversando ogni giorno, da un luogo all’altro della città quando mi sposto per una ragione reale o immaginaria, nell’incontro con sconosciuti sulle metro’ affollate, attraverso i loro volti, anche quello é un altro modo di sperimentare il tempo; soffermandosi su un volto che ti colpisce oppure spostandosi dalla sensazione che uno sguardo o un’altro possono evocarti.

Attraversando le strade, perdendomi nello spazio sconosciuto di una città straniera senza più sapere dare un senso agli eventi del mio presente, in quelle momentanee cadute_ scopro questo volto interno, divorante del tempo misurandolo attraverso lo spazio che percorro_ lo spazio interiore, le voragini che s’aprono, allora, nel mio corpo_ quando sono inghiottito nella perdita interiore e l’immagine si discioglie liquida negli specchi come fosse qualcun’altro a esistere al mio posto…quando vivo in questa temporalità interiore stravolta, dilatata, immobilizzante, oppure che gira come un turbinio folle, inarrestabile dentro il mio corpo.

Lo scopro in quelle temporanee cadute, nel momento preciso dello smarrimento e solo dopo, con la coscienza che viene nell’ “aprés-coup”. Lo scopro misurandolo in quella distorsione della percezione, precipitando in me stesso, a vagare in un labirinto di strade senza fine.

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