
Ed allora, é come se quell’ errore perpetuo, quella smagliatura impercettibile nella rete,
Il fluire inconsapevole di un respiro primordiale
supera le barriere della coscienza nel suo richiamo agli strati più arcaici della memoria corporea.
Parlare, tacere, sussurrare, urlare, gridare, mormorare;
canticchiare, sospirare, inspirare,
ansimare, sentire in qualsiasi forma il mormorio incessante del linguaggio.
Tutto passa attraverso la voce, emissione del corpo: un corpo-parola ma anche un corpo-presenza,
in atto attraverso il suo respiro, dentro il suo movimento.
Forse una delle cose più antiche e primordiali che l’uomo ha scoperto di possedere...
Il gesto rivelatore di un corpo rappresenta sé stesso attraverso il fare del linguaggio, un fare quotidiano portato qui su un piano rituale.
Qualcosa di semplice e primordiale come le impronte di mani lasciate sulle grotte preistoriche agli inizi della storia;qualcosa di sempre esistito, scritto là dall’inizio, ma rimasto come occultato per secoli e che ritroviamo nella commistione di identità e di forme, nel fare impuro del teatro contemporaneo.
La durata interiore e quella esteriore ... coincidono mai nella vita come su una scena?
in quale relazione si trovano? Come cambia un’azione vista dall’esterno e vissuta dall’interno, cioè come quell’energia dinamica, quell’eccitazione pulsionale che muove e fa muovere, quel ritmo velocissimo che d’un tratto sento battermi dentro, che cosa si vede al di fuori di tutto questo quanto resto lì, preso nell’immobilità di un gesto nello spazio;
Quanto é efficace all’esterno questa azione e come posso renderla ancora più efficace, condurla al massimo della sua portata, nel pieno del suo potenziale espressivo perché essa possa essere ricevuta, compresa e pienamente raggiunta nella sua totalità ?
Lasciarsi cadere, dissolvere al suolo fino a divenire uno con esso- un “partner invisibile”.(M.Wigman) Espandersi nello spazio, allungarsi oltre i limiti della propria pelle poi, ridivenire piccoli, rannicchiati al suolo, ripiegati su sé stessi e come preda di forze estranee, aggredenti.
Intensità ma anche tensione immobilizzante.Questa energia fluida che sento scorrere in maniera disordinata, pericolosa, incontrollata a volte per poi lasciarmi nudo e vuoto, in uno stato di dispersione mortale: “vedo disciogliermi in acqua fuori”; sono liquido, trasparente, diffuso dentro gli esseri e le cose e la morte, allora, é questa macchia lenta e incolore che ora mi prende, m’afferra e lentamente mi divora.
Il movimento nello spazio sposta la nostra percezione di...
Scopro il tempo come qualcosa di assolutamente soggettivo, interiore, effimero; lo misuro attraversando ogni giorno, da un luogo all’altro della città quando mi sposto per una ragione reale o immaginaria, nell’incontro con sconosciuti sulle metro’ affollate, attraverso i loro volti, anche quello é un altro modo di sperimentare il tempo; soffermandosi su un volto che ti colpisce oppure spostandosi dalla sensazione che uno sguardo o un’altro possono evocarti.
Attraversando le strade, perdendomi nello spazio sconosciuto di una città straniera senza più sapere dare un senso agli eventi del mio presente, in quelle momentanee cadute_ scopro questo volto interno, divorante del tempo misurandolo attraverso lo spazio che percorro_ lo spazio interiore, le voragini che s’aprono, allora, nel mio corpo_ quando sono inghiottito nella perdita interiore e l’immagine si discioglie liquida negli specchi come fosse qualcun’altro a esistere al mio posto…quando vivo in questa temporalità interiore stravolta, dilatata, immobilizzante, oppure che gira come un turbinio folle, inarrestabile dentro il mio corpo.
Lo scopro in quelle temporanee cadute, nel momento preciso dello smarrimento e solo dopo, con la coscienza che viene nell’ “aprés-coup”. Lo scopro misurandolo in quella distorsione della percezione, precipitando in me stesso, a vagare in un labirinto di strade senza fine.