giovedì 30 luglio 2015

Divagazioni estive dal blog di arte e danza : a proposito di “Domande tra porto e mare” di Alessandra Maltoni (Ed. Mef )







E’ uno sguardo lieve, riempito di ironia e leggerezza, intelligente e pervaso di poeticità quello che si impone e arriva attraverso la scrittura di Alessandra Maltoni nel suo testo breve, un racconto ambientato nelle zone limitrofe di  Ravenna in prossimità del lido ravennate e  della adiacente marina che si esplora nel corso d’una giornata in bicicletta, 


tra il “porto e il mare” come  titola la storia; lì lo sguardo d’un bambino di otto anni  entra in dialogo quello d’ una donna adulta, la zia che l’accompagna, vista senza età e preda del suo sapere mentre tutta una geografia di luoghi e punti dalla pineta al porto si disegna intorno a loro nell’attraversamento.

Dietro l’apparente semplicità della storia e dello stile dialogato in domande e risposte continue tra i due personaggi appare la scelta del punto di vista dell’infanzia, lo sguardo  del bambino che non smette di chiedere, la curiosità di chi vuole tutto sapere, tutto conoscere, tutto scoprire con la voracità del nuovo arrivato sulla terra, in esplorazione, in ascolto, all’erta di tutte le suggestioni, gli stimoli, le sensazioni visive, tattili o sonore del  territorio, quasi dovesse assorbire su di sé tutti i segreti del mondo. Tale lente rovesciata dell’infanzia guarda all’universo con stupore e curiosità, con la voracità di scoprire il perché e il come delle cose, di che cos’è un campeggio, un molo, un porto, e perché il mare è salato, le navi galleggiano e come fanno gli alberi a bere acqua e ad assorbire la linfa dalla terra. La citazione in inizio libro non può non richiamarci alla memoria  il dialogo tra il narratore e il bambino de”Il Piccolo Principe” di Saint-Exupéry, dove un punto di vista similare osserva e giudica l’ottusità del mondo adulto opponendo ad esso la lente dell’immaginazione poetica , lo sguardo del tutto possibile dell’infanzia contro l’imbuto stretto e riducente dell’univoca spiegazione razionale, della logica di cifre e numeri con cui l’adulto si relaziona. 

La stessa dimensione di favola di S. Exupéry permane in questo raccolto tuttavia realistico senza toccare il risvolto malinconico, la tristezza e la solitudine velata di poesia, la metafora esistenziale del  Piccolo Principe.  Qui l’atmosfera è lieve, leggera come la gita a Marina dei due personaggi, e la pedalata in bicicletta attraverso la pineta piacevole per quanto sotto un sole che diviene sempre più cocente e alto in cielo mentre si ascolta il “tur tur” delle tortore e il concerto sonoro dell’ambiente circostante. La complicità tra la zia e il bambino si rivela sempre più osmotica nel corso della narrazione, scherzosa e a tratti velata di ironia. La narratrice adotta la metafora del trasferimento della linfa per osmosi dalle radici alla pianta e alle estremità delle foglie: spiega al bambino pazientemente tutto, delucida parole sconosciute a lui e risponde alle sue domande travasando liquidi come attraverso vasi comunicanti dal meno pieno al più pieno e viceversa. Se lei lo chiama scherzosamente con diversi appellativi Car, Citrullo, “sottiletta” per il suo corpo esile, lui riafferma la loro complicità contro la delusione del vedere partire la nave senza di loro, “i due sempre in ritardo che perdono le barche” mancano il piano stabilito e devono pensare a un piano B per riempire la giornata.

Appare in controluce attraverso la scrittura del racconto l’intento della narratrice di trasmettere,  divulgare o educare il lettore al mondo in qualche modo entrando nel gioco dell’infanzia, imparando a parlare con il suo stesso linguaggio per rispondere alla curiosità del bambino senza sopprimere la sua immaginazione ma, al contrario, inventando la leggenda dell’acqua salata e insieme una spiegazione scientifica alla salinità della medesima.

 L’itinerario tra il porto e il mare nel percorso di Rosa e Carlo a Marina permette, anche a noi lettori di tracciare la topografia di un territorio come quello del Lido Ravennate attraverso le sue tracce storiche, di reperire una serie di punti, di luoghi che divengono strategiche iscrizioni dal passato al presente o del tessuto sociale attuale: la pineta che precede e avvolge la marina con la sua rigogliosa vegetazione e  orchestrazione di suoni, lo storico campeggio Piomboni all’ingresso del lido, il molo e il vicino porto-canale con le imbarcazioni ormeggiate che collega l’abitato al mare, poi il mitico locale “Baretto" all’ombra del faro destinato a demolizione, infine il nuovo porto turistico proiezione di scambio e comunicazione verso l’alterità, l’innovazione, il futuro.

Magia  e scienza evocate insieme dalla figura del leggendario Archimede convivono nel racconto della Maltoni,  tenendo insieme la lente immaginativa, lo sguardo dell’infanzia, lo stupore e la meraviglia nei confronti del mondo che solo un bambino può avere con la capacità divulgativa dell’adulto a condizione di saper entrare nella sua misura, in un dialogo serrato tra i due, in un raccolto piacevole e lieve intriso di poeticità che infine rende omaggio implicitamente a quel Piccolo Principe malinconico e solitario in esplorazione del pianeta terra del mitico autore-aviatore francese.







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