mercoledì 12 maggio 2010

da Claude Regy, "Stato d’incertezza", (I solitari Intempestivi, 2002)






Cerco il vero e il vero é sempre in movimento,” qualcosa di talmente aleatorio, in costante definizione, negoziazione, in questa zona d’auto-aggiustamento per avanzamenti e retrocessioni di fronte alle insorge degli eventi, agli accidenti della psiche o del linguaggio.

Cancellazione e risorgenza d’una memoria viva, immediata ma anche apertura d’un tempo anteriore, occultato e disperso, immischiato all’opacità di un non-sapere
Processo frammentario, impersonale, estraneo al controllo e in buona parte giocato dal caso,
il non-sapere che agisce in noi per quello che sentiamo intuitivamente senza riuscire a distinguerne chiaramente la forma, i confini;
Come retrocedendo, lasciando spazio
al più lontano della nostra realtà e, al tempo stesso, stranamente presente.

Domandarsi cosa significa scivolare in questi territori-limite al bordo dell’identità che ci separano dalla parte di follia potenzialmente nascosta in noi. Non più sapere l’io dove finisce, dove comincia il mondo, dove cominciano gli altri, essere sé e l’Altro, diversi altri insieme. “Quando si confondono i luoghi, le epoche, le cose, le persone stesse, quando il reale non si distingue più, l’arbitrario delle misure, delle separazioni. Non si sa più dove finisce il corpo.
Questa psicosi che fa male, così vicina alla scrittura: frammenti di reale trascinati, dispersi nel campo dell’immaginazione, del sogno”. (Claude Regy)

“Niente é più fragile della superficie” scrive Deleuze in Logica del Senso
costantemente minacciata dal non-senso, “dall’informe senza fondo” dalla disintegrazione del prima.
“Minaccia impercettibile” , come una fessura microscopica che si lascia scorgere a distanza ravvicinata, facendoci scivolare verso un ordine primordiale che divora il senso, oppure ricomponendosi in un’altra forma d’ "organizzazione creatrice” , un altro modo di significare, tessere analogie, di riannodare legami arcaici attraverso il linguaggio segreto d’un mondo poetico primo.


“Di fronte a questo taglio netto della luce, immagine semplificata della psicosi, non ho resistito all’idea di vedere gli attori letteralmente attraversare, fisicamente tagliare questa linea d’ombra simile a un muro d’interdetto .”
Vediamo allo stesso tempo la scissione netta d’una individualità e la sua cesura dal reale. Lo vediamo qui materialmente, su scena, pur attraversando un confine che resta altamente immateriale.

Sul romanzo di Jan Fosse “melanconia”.
“ Le tele che farà sessant’anni più tardi sono già là senza che le abbia dipinte."
Ha guardato la luce trasparente dei fiordi, ha descritto le sue nuvole bianche e blu, ha parlato di quella luce. Poi ha parlato della luce degli esseri. Nell’emozione con la quale ha sentito il paesaggio sono già inscritte la trasparenza e la luminosità che dipingerà cinquant’anni più tardi.
“Penso che il passaggio attraverso la malattia, questo stato di malessere che diviene patologico, sia inevitabile; la sofferenza resta iscritta, scavata nell’ opera". Se si deve parlare di “delirio rivelatore” è quello della discesa nel fango vischioso dell’esistenza, nella melma putrida che trascina il corpo e lo immischia fino a perderlo, nelle acque stagnanti dell’immobilità vitale.
Ci sarebbe questa sensazione d’un corpo risucchiato nel fango dentro sabbie mobili che lo divorano a poco a poco, e, sprofondare sempre più nella terra umida fino ad avere la certezza d’essere ingoiati, di restare sommersi. Ma è laggiù, affondando, che l’occhio distinguerebbe d’un tratto il limite esterno, l’orizzonte sempre più chiaro, netto in lontananza e, tale esperienza di morte lo metterebbe in contatto con la luce. Tanto il caos, la perdita, la dispersione prima, quanto la purezza, l’apertura d’una visione lasciandosi scorgere a tratti in silenzio.
Questo“occhio interno” sposta la realtà, non la ricopia ma la ricrea partendo da quella necessariamente, sfiorando questo bordo sottile tra salute e malattia dove si situano i germi della creazione;
nel passaggio interrogandosi su che cosa venga dopo, oltre quel bordo.
























Immagini:

1Moshe Ninio, Rainbow: rug, 2000.

2 Darren Almond, Fullmoon quatrain 2002.

3-4 Anri Sala, Time after time, video.

5-6 Anri sala, Three minutes, video.

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