martedì 2 giugno 2009

Immagini scritte sulla danza















Si chiedono momenti d'essere su una scena, che le immagini ci facciano sognare, risveglino in noi i sensi e l'immaginazione, che diano corpo ai nostri sogni, alle nostre visioni, ai fantasmi che ci tormentano, ai volti, ai paesaggi di una memoria insieme personale e atemporale; che ci rendano, per un istante, liberi.

Qui tutto é dell'ordine della visione, del sogno, come le immagini oniriche, irreali, come le musiche atonali, incantatorie, monoritmiche, come i lampi che attraversano fulminei la scena,
come i colori che scorrono liquidi sullo sfondo dal blu marino al bianco al verde: dalla trasparenza di gocce d'acqua, al sole infuocato, a squarci aperti d'orizzonti illimitati.

Energia dell’anima che si propaga in immagini nello spazio.

Cerchio di corpi stretti in tute aderenti e capelli compressi dentro cuffie della stessa tonalità vagano nel buio; nel vuoto si fermano. Cercano qualcosa che non riescono a trovare, continuano a correre via, ripetendo lo stessa sequenza in un circolo all'infinito.

Solo danzato della prima interprete nera: corpo ondeggiante contro un muro, fuoco vivo e bruciante addosso, sensualità , nero di leopardo nel deserto. Poi l’immagine cambia come se qualcosa si frapponesse, e, a un tratto, un altro personaggio appare: lotta contro un muro, si dibatte invano come volesse liberarsi di qualcosa tendendo le mani in segno d’aiuto, mentre le gambe sono immobilizzate, fissate contro la parete.

Gruppo di figure femminili sullo sfondo di immagini di cielo e di vento :
abiti lucidi, luccicanti di seta argentea portati dal vento che scivola in loro,
movimenti liquidi sulla pelle...
Corpi maschili: energia d’animali liberi, selvaggi, incontaminati che volano, saltano nello spazio.
L’ irruzione repentina di una forza violenta, esplosiva, virile: corpi magnificati nel loro essere senza preoccupazione alcuna per la narrazione.


Danzatrici ora portate di peso d'altri , ricondotte a gesti meccanici, quadrati, ripetitivi un po’ come fossero manichini, oggetti e non soggetti, corpi appropriati, manipolati e mossi dallo sguardo d'altri.
A parte , su uno sfondo nero, una figura in controluce grida, non vista, quello che non saprebbe dire altrimenti se non danzando in questo bisogno di irrompere fuori, ridere e piangere, giocare e gioire insieme.

Oppressione e liberazione : corpi chiusi, serrati in tute aderenti e capelli stretti, raccolti in cuffie incolore, privati della loro femminilità, lottano contro un muro che gli cammina addosso per ritrovare un passo, un momento di libertà, con le braccia almeno, mentre le gambe strisciano contro quel muro e le teste vi si staccano a fatica.
Poi su uno sfondo di cielo quegli stessi corpi diventano gesti espansi, capelli al vento, libertà ritrovata di figure che volteggiano aeree nel movimento.
Solo di una danzatrice bianca: abito lungo, lunare, l’acqua che scorre sullo sfondo,
la sensazione di quell’acqua come l'immagine del corpo che danza.
Essere uno con il proprio respiro, danzare in duo con il vento che non ha dimora.


Duo di una interprete femminile e uno maschile: lei si avvicina, abbraccia qualcuno con lo sguardo, scivola sul corpo di lui e poi é come se scappasse d’un tratto; allora lui la prende di peso e la riporta indietro, trascinandola a sé. Ha i piedi nudi a metà, una scarpa perduta sul cammino; la riporta indietro, la depone al suolo e li' la lascia. Movimenti lenti avvicinandosi,
pause di immobilità, lotta silenziosa di corpi, chiamare e respingere l'altro, resistere e cedere,
tenerezza e violenza insieme. Nella lotta si ritrovano un istante, si sforano le labbra ed é come se scivolassero al suolo , come fossero avvolti in uno stesso caldo abbraccio. Ora sono stretti l'uno all'altro, non più freddo, non più paura li': sono salvati per un istante, ritrovano la perduta unità, la fusione irrecuperabile dell'origine, poi d’un tratto qualcosa irrompe dall’esterno e il sogno finisce.


















Corpo mai nato, ricoperto di bianco, stretto in un costume aderente, capelli raccolti,
larva, bozzolo o fiore dischiuso, essere fantasmatico, irreale, danza sulla schiena di un altro che tenta, invano, di liberarsi.
E’ bianco quel corpo, sottile, diafano, irriconoscilbile sotto la tuta bianca, l'altro oscuro. I due colori, le due pelli si confondono, si prolungano l'una nell'altra. Uno si proietta, si lancia contro l’altro come se lo tormentasse, lo abitasse tutto il tempo, gli rovesciasse addosso il suo peso, la sua presenza silenziosa, fosse li’ aggrappato a lui senza essere niente più che un’apparizione, un fantasma. I due finiscono per divenire il prolungamento l’uno dell’altro, per camminarsi addosso, per scivolarsi sopra, per percorrersi tutto il tempo, per rotolare a terra insieme in questo dialogo non si sa se dell’ordine del piacere o dell’ossessione. Non vede il suo volto perché é di schiena, non la vede completamente ma sente la sua presenza tutto il tempo; lui si volta e prende infine la direzione dell’uscita, lei resta li’ a terra mentre lui esce lentamente.


L'immagine finale: gioiosi dentro il sole questi esseri celebrano la bellezza della danza e la libertà ritrovata attraverso quella, sullo sfondo di un sole rosso, di musiche percussive, nell'eterno eco del deserto d’Africa.

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