domenica 14 giugno 2009

Artaud I "Il teatro e il suo doppio"















La presenza fisica, incontestabile del corpo in teatro ricorda all’uomo che é nello spazio, che e` incarnato, lo riporta alla sua realtà prima. Per Artaud il corpo é semplicemente reale diversamente dal pensiero. Le certezze crollate una a una resta “l’evidenza dolorosa del corpo”: la prima e ultima realtà, la nostra sola possessione, la nostra sola certezza.
Luogo dove l'uomo puo' ritrovare una sorta di unità tra pensiero e vita perché “l’esistenza é compresa nel suo essere sensibile come carne”.

Spazio teatrale. E' lo spazio abitato, esistenziale, spazio interiore che prende forma all’esterno come movimento, nell'azione o nella sua assenza, dal gesto alla voce.
Non solo prendere coscienza dello spazio altrimenti in teatro ma plasmarlo, costruirlo, attraversarlo come nell'atto di esistere, abitare, esserci, “essere là” come presenza.

Il luogo originario dove l’uomo si confronta alla propria finitudine di soggetto e insieme a quello che lo supera, lo attraversa, d’un al di là come dell’infinito che passa attraverso il suo corpo. “Spinto” fuori, intorno a un punto morto, a un vuoto centrale e originario che lo abita, lui preso senza fine tra la pienezza e il nulla, l'eccesso e il vuoto.
“Sempre il vuoto. il punto centrale intorno al quale solidifica la materia”.

Il teatro e la peste: “al teatro della crudeltà la sola legge é l’energia poetica”.
Immagine di un teatro che ci restituisca le forze vitali, che sia come un bagno d’elettricità psichica per rigenerare l’intelletto, capace anche di risvegliare i nostri demoni sepolti.
La peste é qui come l’immagine di un’epidemia, qualcosa di contagioso che ci investe : la spinta verso un “al di fuori” e insieme un lasciare emergere il proprio fondo di crudeltà latente. Una forma in espansione, in contaminazione, una forza fluidica capace di risvegliare delle immagini dormenti. E' un disordine latente che spinge ai gesti più estremi;
sono gli umori imprevedibili che spostano i fragili equilibri del corpo,
le spinte infiammatorie,
richiamo di forze bruscamente risvegliate per liberare l’incosciente.


Il teatro sacro, rituale, quello più vicino alle origini ci restituisce l’immagine dell’uomo nella sua condizione originaria: l’uomo ombelicale e primo tale che esso appare nel teatro balinese; un corpo larvale, legato con tutte le sue fibre alla natura.
La cultura , in quest’ottica, é quella che riunisce l’individuo alle forze analogiche del cosmo: un sapere legato al suolo, alle lave vulcaniche, al sangue, alla terra, al respiro, ai fluidi delle acque, alle forze animate del vivente.

Ritrovare questa unità del tutto: riconciliare la natura transitoria dell'umano a un cosmo apparentemente infinito. Cosi’, il corpo e lo spirito si rispondono e il pensiero é in relazione con tutti gli organi, bagna in tutta la materia del vivente.


Crudeltà: é nella vita prima che sulla scena e se il teatro è crudeltà in Artaud, è perché esso si vuole all’immagine dell’esistenza. Crudeltà é lacerazione, la cosa viva, bruciante e dolorosa che agisce al fondo dell’umano: il “fuoco, l’impulsione sragionata di vita”; il gesto creatore,
l’andare fino in fondo su questa strada di necessità, il guardare in faccia con lucidità la condizione umana.
E ancora, la contestazione dell’ordine esistente in senso puramente poetico,
l'invasione contagiosa di un “di fuori” che non risparmia nulla e nessuno,
il riso che distrugge e polverizza le apparenze.

Il teatro e la creazione -Lo spazio é trafitto da grida, ritagliato, lacerato da parte a parte da gesti, frammenti, débris, briciole di “non-detto”, l’invasione di un grande di fuori.
Il corpo non é mai neutrale, per il fatto stesso d’essere, di divenire su una scena,
ora preso nell'impulso di generare, trasformarsi, superare sé stesso,
ora intaccato, contaminato, rivoltato nel suo fragile equilibrio ,
sofferente e colto nel momento estremo della propria perdita.
Corpo del grido per eccellenza.

I movimento: andare verso l’increato della rappresentazione.
Non imitare, realizzare, ripetere quello che conosciamo già ma ricercare questo movimento all’indietro, verso il gesto primo, l’atto primo forse, il più semplice, non importa,
come il grido della nascita, qui il grido che non esce. Risalire fino al luogo di emergenza del grido e per questo ridiscendere attraverso il corpo fino al punto remoto, dove esso si nutre.

Teatro dove un linguaggio si cerca come necessità interiore, d’espressione in primo luogo.
Spazio dove sarebbe virtualmente possibile rimettere tutto in discussione,
dove le forme non cessano di rinnovarsi,
l'uomo di rinascere, il mondo di risorgere dalle proprie ceneri.
Prima dell’opera o della forma il teatro é ANSIETA’ E INQUIETUDINE CREATRICE.



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