Un poeta, Dante, il sommo, esule dalla propria città
per ragioni politiche in un’Italia frammentata, dilaniata da conflitti tra
papato e impero, lui costretto al perpetuo esilio da una corte all’altra fino
ad approdare a Ravenna dove termina l’ultima cantica del “divino poema” pietra
miliare della cultura e della lingua letteraria del nostro paese; poi un santo
dal misticismo e dall’estasi religiosa generati nel contatto con la natura,
Francesco d’Assisi, che rinunciando a tutti i suoi averi sulla via di Cristo e
della povertà sceglie di vestire un saio di tela grezza legato da una semplice
corda e fonda più tardi l’ordine francescano
per dedicarsi completamente alla vita spirituale. Lui che comprendeva e parlava
la lingua delle creature, degli animali, dei boschi e del cosmo abitato dalla
presenza infinita del divino celebrata nel celeberrimo poema in italiano
volgare “Il cantico delle creature”. Infine, l’ultima figura profetica dello
stesso periodo storico è il precursore e interprete delle Sacre Scritture nato dell’entroterra
cosentino Gioacchino da Fiore teologo e mistico medievale dalla dottrina
monastica rigorosa che confluisce nella fondazione di un nuovo ordine Florense.
Nella sua interpretazione profetica del Vangelo elabora una teoria della
Trinità cristica vista attraverso le tre
età della storia che sarebbero culminate con l’avvento dell’era dello
Spirito. L’eco di queste tre figure
attraverso i luoghi a loro legati è quello che ispira e tiene insieme il
progetto fotografico “ Dante Eco spirito green” a cura di Francesco
Tassone con le fotografie di Giampiero
Corelli visibile fino al 9 ottobre nella splendida cornice di Palazzo Rasponi a
Ravenna.
Reinterpretare, ri- fotografare i luoghi dell’entroterra ravennate, la pineta
prima fra tutti che Dante ha attraversato e volto in versi, poi quelli
interiori, simbolici dove si esplica e prende forma e intensità la vita del
santo francescano, tale operazione già implica una trasmutazione poetica della
materia, nonché il porre una relazione
innegabile tra l’ecologia come l'amore e il rispetto per il pianeta e poesia come la ricerca del senso e della forma dell’essere. Perché amare la natura,
prendersene cura, la cura di sé e dell’altro diviene uno dei gesti fondanti del
progetto qui pensato “Dante Spirito Green” ispirato ai luoghi che come tracce
spirituali ci riportano al sommo poeta e alle altre figure d’eccezione a lui
associate nella mostra. Significa raggiungere nel modo più semplice e diretto
possibile il divino, lo spirito o meglio la presenza d’uno spirito universale in
esso che riconduca all’assoluto, a Dio o all’essere in qualunque modo lo si
voglia denominare. Equazione perfetta che lega nel suo aspetto essenziale
l’ecologia e la poesia, là dove l’amore e il rispetto per il cosmo divengono
strumento per ritrovare e esprimere l’anima divina nell’uomo, allo stesso modo
la sua relazione alla parola e alla poesia.
Le tre immagini della prima sala espositiva ci riportano a uno dei temi fondanti dello scrittore e teologo Gioacchino da Fiore, quello della trinità interpretata in tre epoche della storia terrena, l’età del Padre corrispondente alle narrazioni dell’Antico Testamento, quella del Figlio rappresentata dal Vangelo e dalla venuta di Cristo ancora in corso, infine quella dello Spirito coincidente con un prossimo avvenire dove una più elevata umanità e una nuova chiesa spirituale e libera avrebbe preso il posto di quella precedente. Nella prima immagine, il corpo del Cristo crocifisso appare disteso di fronte alla finestra absidale e allungata d’una cripta scavata nel sottosuolo, nell’abbazia fondata da Giacchino a S. Giovanni in Fiore. Antro di luce luminoso la cui sola sorgente sembra provenire da quell'unico punto di luce sopraelevato, esso irradia proiettandosi attraverso una scalinata di gradini scavati nella pietra fino a raggiungere il suolo e il corpo scolpito del crocifisso nella totale oscurità in cui è immerso il luogo. La figura di Cristo è deposto su questo piano sepolcrale, dal sudario alla pietra e ancora inciso dei segni e impresso delle sue stigmate: scarno, denudato, apparentemente privo di vita eppure disteso esattamente di fronte a quella scalinata o sorgente di luminosità divina nella totale oscurità che precede l’ascesa verso l’alto, il ritorno all’assoluto o il congiungimento al Padre. Forse che la sua anima ha già lasciato quel corpo impresso nel sudario e deposto sulla nuda
pietra in attesa di risurrezione.


La terza persona della trinità, lo Spirito, appare
personificato in questa sorta di animale celeste o creatura quasi alata
aprendosi un cammino con le sue corna simili ad ali in mezzo a un bosco di
rovi, cespugli a macchia, alberi a arbusti. Un bianco ariete appare in mezzo a una foresta
di vegetazione selvaggia vista in un profondo chiaro-oscuro come una scia
luminosa del bianco in mezzo all’oscurità della selva, dei sentieri e degli alberi
circostanti. Traccia l’avvento di una nuova era per lo spirito, la via d’una
spiritualità ancora in parte da percorrere per gli uomini, un regno dell’elevazione
del pensiero e del ricongiungimento alla sua essenza divina.

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