Maddalena figura avvolta nel mistero, al
limite tra storiografia e Scrittura Sacra, emerge al centro della mostra
attualmente in corso ai Musei san Domenico di Forlì attraversando secoli di
rappresentazione pittorica dal Medioevo
ai giorni nostri. Il nome già dalle origini antichissime, in aramaico Marayam, in ebraico Myriam risalirebbe al luogo in cui è nata, Magdala piccolo centro
romano-guidaico in Galilea. La sua vita è legata alla narrazione della vita e
morte di Gesù di Nazareth; nei Vangeli indelebile appare la sua figura ai piedi
della croce, di fronte al sepolcro vuoto e alla pietra spostata, per prima
dando l’annuncio del’avvenuto incontro con il Cristo risorto. E’ la prima a
vederlo e a parlare con lui dopo la deposizione nel sepolcro, lei prima testimone
di un fatto inaudito che affonda le proprie radici nel mistero e nell’intangibile
. Sulle sue parole poggia la rivelazione dell’avvenuta resurrezione, dunque il
destino delle prime comunità cristiane perdute e disorientate all’indomani
della crocifissione così come tanta arte della tradizione pittorica occidentale.
Altrove, nella pittura sacra, appare
coma la peccatrice penitente, colei che lava i piedi al Cristo e li asciuga con
i suoi lunghi capelli ungendoli poi con oli profumati, sempre all’incontro tra peccato
e redenzione, carnalità e spiritualità, fede e rivelazione. Attraverso lo
specchio della pittura “ogni epoca l’ha interpretata guardando sé stessa”[1]; ne ha creato
un modello differente quanto stratificato di significati restituendo l’ideale del
proprio tempo attraverso la sua immagine.
Guido Mazzoni, “Compianto sul Cristo morto” ( 1483)
Nella scena teatrale le figure di
grandezza naturale occupano tutto lo spazio architettonico. Non sono nella
compostezza e armonia rinascimentale di ispirazione classica ma nel dramma
quasi grottesco delle loro pose e nell’espressionismo dilaniato dei loro volti.
Cristo è deposto al suolo, scolpito nella viva plasticità del corpo, avvolto
dalla presenza delle donne piangenti ai suoi piedi mentre altri personaggi
maschili ricalcando i duchi D’Este lo contornano. Il lamento, il grido muto e
senza respiro attraversa le tenebre oltre il limite dell’umano; là è il naufragio
dell’umanità perduta di fronte alla morte del figlio di Dio quando la luce
scompare sulla terra e questa piomba in una oscurità dolorosa e senza fine. Le
donne incarnano espressivamente quel dramma nei tratti dilaniati e grotteschi
dei loro volti.
Scarsellino, “Noli me tangere” (1570)
Nel racconto delle Sacre Scritture Maddalena è la prima a vedere
il Cristo dopo la resurrezione e a testimoniare il mistero dell’evento. “Noli
me tangere”, “Non mi trattenere perché non ho ancora raggiunto la casa del
padre”, dice Gesù a Maddalena al momento dell’incontro straordinario con il
Messia quando egli le riappare per la prima volta chiamandola per nome di fronte al sepolcro vuoto ed ella
volgendosi dice in ebraico: “Rabbunì”, maestro. Nella scena teatrale che
Scarsellino dipinge con un’ambientazione realista sotto un cielo terso e
luminoso la donna veste nella magnificenza dell’ abito cinquecentesco. Tende la
mano nel commosso desiderio di abbracciarlo ma l’ineluttabilità della chiamata,
l’intangibile compiersi delle Scritture si manifesta nello splendore
ultraumano, irradiante del buon Pastore già proteso verso l’alto, nel ritorno annunciato
al Padre. Il suo apparire evoca già una partenza, la sua presenza un distacco,
quasi un sottrarsi dalle vesti dell’umano per ritornare in quelle dell’assoluto,
nell’unione con il principio e la fine di tutto.
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“Maddalena e otto storie della sua vita”, Maestro della Maddalena (1280)
Estremamente iconica nel profilo
sintetico e colorista della figura, vestita solo dei suoi lunghi capelli a
coprirle interamente il corpo su uno sfondo aureo questa Maddalena appare in un
gesto di devozione luminosa con un carteggio tra le mani e storie della sua
vita dipinte sul fondale alle sue spalle. Qui è l’iconica peccatrice convertita
quale immagine avvolta da un’aurea luminosa di mistero : la donna della
trasformazione profonda prodotta dall’incontro folgorante con il Cristo nel suo
messaggio straordinario di salvezza, la Parola che rivoluziona la sua vita.
Masaccio, “Crocifissione”, (1426)
La scena si delinea in una semplicità
essenziale e sconvolgente ai nostri occhi; su un fondale aureo una croce in
legno si staglia in alto culminante in un albero sulla quale il corpo del
Cristo appare agonizzante nell’ora della morte. La testa di Cristo è
volutamente incassata tra le spalle e il collo, quasi il petto si sollevasse
nell’ora dell’ultimo respiro. Ai piedi nello scorcio prospettico visto dal
basso sono i dolenti: Maria in un mantello nero stretto addosso come il proprio
dolore, san Giovanni a lato nel mantello porpora e, al centro, Maddalena ,
distinguendosi in un autentico “urlo visivo” sulla tela. Solo la sua tunica
rosso-arancio si mostra a noi spettatori mentre lei è volta di schiena con le
braccia aperte, la cascata dei lunghi capelli rifulgenti al sole sulle pieghe
del mantello nel momento lacerante della crocifissione. Immagine unica,
simbolica inscritta al cuore della cultura occidentale indelebile ai nostri
giorni ancora nell’espressività autentica che la contraddistingue .
Giotto, “Cappella della Maddalena”, Assisi ( 1307) e Cappella degli Scrovegni Padova,( 1305), video
Le figure si muovono con naturalezza,
con intrinseca spiritualità e indicibile bellezza di fronte ai nostri occhi nel
video sul“Compianto del Cristo morto” agli Scrovegni e presso la Cappella della
Maddalena ad Assisi. Giotto si impone con la sua rappresentazione naturale e
narrativa degli eventi del Vangelo e dei personaggi mentre lo spazio inizia ad
assumere valori prospettici, una profondità nuova e inedita, e l’essere umano emerge sempre
più dominante al centro della pittura come del proprio destino. Il rosso cangiante
della veste di Maddalena in opposizione al bianco spendente della tunica di
Gesù incide in modo descrittivo ma anche
essenzialmente espressivo l’immagine nel racconto della vita di Cristo. Maddalena
è raffigurata nei lunghi capelli d’oro e il volto impresso della mistica
spiritualità medievale circondata da un’aurea di splendore ai piedi della
croce, poi nel momento dell’incontro con il risorto nel tentativo di
trattenerlo in “Noli me tangere”. Siamo portati dalla maestria lieve e
sofisticata di Giotto nel mistero, nella natura straordinaria e inspiegabile
degli eventi che segnarono l’inizio della cristianità in Europa.
Tiziano, “Maddalena penitente” (1550)
Maddalena è alla fine del ‘500 per
Tiziano una figura carica di femminilità, riportata qui soprattutto alla figura
della penitente nella semplicità delle vesti e del volto espressivo rispetto
alla sontuosità della pittura quattrocentesca che la raffigurava come una
nobildonna dalla grazia cortese unica controparte al dramma della croce. In
questa pittura Tiziano la rappresenta vestita e non più nuda come in una precedente
sua versione più sensuale e perturbante,
eppure, sempre vista in una pienezza
carnale resa da una pennellata densa e pastosa in tonalità calde e brune. Il
volto, al contrario, si volge verso l’alto tendendo lo sguardo fisso al cielo
alla ricerca di redenzione rispetto alle colpe commesse in un precedente
passato. Costantemente in tale equilibrio apparente tra sensualità e ascesi,
terra e cielo.
In una reinterpretazione lontana da
ogni connotazione propriamente religiosa questa giovane donna appare come
eroina preromantica in tutta la sua
sensuale nudità. Canova nel virtuosismo impressionante della sua scultura pare
plasmarla, farla rivivere come anima incarnata attraverso la pietra tanto da
trasfigurare il marmo fino a smaterializzarlo
in pura forma estetica. Oltrepassando la barriera tra pittura e scultura quasi
da infondere in quella pietra scolpita il corpo e l’anima di una creatura viva.
Con il pittore Hayez ancora di più la figura di Maddalena “penitente nel
deserto” (1825) in piena epoca romantica assume una carica sensuale dal
temperamento romantico tanto da trasformare un’icona della pittura sacra e
religiosa in una versione moderna della medesima velata da un vago senso di malinconia.
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Espressioni novecentesche della Maddalena
In epoca moderna la religiosità
dell’arte si trasmuta dal piano trascendentale tipicamente medievale a un piano
più strettamente umano che investe anche la sfera individuale e sociale del
soggetto mentre l’artista moderno esce sempre più dalla dimensione narrativa
ottocentesca per toccarne una più drammatica, partecipativa oppure puramente formale
che allude, tuttavia, a una qualche
dimensione metafisica oltre il senso strettamente religioso.
Nella
versione simbolista di Bocklin di inizio novecento “Maddalena” (1901)
appare come la donna del compianto autentico, della perdita e del dolore all’origine
riferiti al dramma religioso ma qui traslati in un senso del tutto esistenziale
e soggettivo. Il volto velato e piangente
in primo piano di Maddalena rinvia a un dramma personale, a una
spiritualità inquieta e tormentata, riflesso della sua epoca che si riconduce propriamente
al mistero dell’umano.
Marc Chagall, “La deposizione”, (1936)