La composizione musiva in Toyoharu Kii è quadratura, costruzione di geometrie solide e pietrificate dove sull’ amalgama densa di malta le tessere si incastonano, si ergono in angoli, curve e spigoli in evidenza ma, anche in de-quadrature della superficie o dei contorni come il gesto opposto di distruzione o corrosione, di sottrazione o interna erosione del marmo. Sotto il costruirsi o decostruirsi di rigidi territori plastici nella tessitura musiva, oltre il dilatarsi e restringersi dell’esperienza nell’ordito del mosaico resta una intrinseca dimensione sensibile ed essenziale imprigionata nel tracciato atemporale e immanente della pietra.
“Spring Water Emblem”
Sorgente d’acqua si erge e sgorga dalla pietra, dentro la pietra circoscritta e incisa d’una moneta, emblema o cerchio simbolico nell' intarsio di bianco madreperlaceo e grigio riflesso. Risuona come ritornello ritmico dal suo territorio di pietruzze irregolari incastonate insieme in moto divergente in ascesa aprendo intervalli, fessure, micro-aperture nella composizione tra le singole tessere .
L’acqua zampillante sgorga dalla sua base-fonte battesimale come acqua sacrale di un ritorno alla sorgente; poi spunta fuori, si erge verso l’alto e compare quasi assumendo le sembianze di un arbusto a germogliare nei primi tepori di primavera (da qui la parola “spring” in inglese nel duplice senso cui rinvia).
Acqua di sorgente, ritorno a una fonte che sgorga verso l’alto, zampillante, fresca ed espansiva, ma anche arbusto o cespuglio che germoglia e rigenera verso l’aperto con le sue fronde, vitale archetipo di rigenerazione che trasforma e insieme canalizza le forze primarie, dissidenti del suolo verso una forma ondulatoria, sensibile ed essenziale. Sgorga ascensionale dalla terra verso l’alto attraversato da queste sotterrane aritmie compositive o ritornelli fluidi che vibrano da dentro la sua struttura ritmica ma restano tuttavia condensati, solidificati in rigorose trame di pietra.

di combinazione ritmica degli elementi che insieme individuano punti intensivi, liberano blocchi di sensazioni o quell’aspetto vibratorio della materia in relazione al corpo che lo riceve.
Rotaie, forse parti di locomotive a vapore, pezzi di ordigni esplosi o interni di meccanismi a reazione, motori a combustione di vecchi treni affiorano per parti sconnesse mentre salta agli occhi in primo piano l’intreccio, il moto formicolante delle singole tessere, pietruzze bianche di nebbia, forme che si muovono e dissimulano nell’oscurità, simili a gocce di pioggia violente e oblique contro i finestrini, ora immanenti sulla superficie, aggettanti sul tracciato compositivo, ora intrecciandosi in direzioni proprie e contrarie . Solidi cubici e angoli dissimulati, forme quadrate e corrose sugli spigoli, negli angoli per l’avanzare della pietrificazione brumosa e divorante di questa nebbia multicellulare.
Dire "no”: il no è una forma contorsionata, è un punto esclamativo al contrario, un guizzo di carboncino su una parete bianca e opaca. E' un’alfa e un’omega, l’inizio e la fine, una lettera greca incomprensibile, il rivoltarsi del pensiero, della forma contro sé stessa;
è un’incisione sulla superficie piatta e atona del presente,
una strada al contrario, un rilievo del pensiero,
la traccia d'una parola nitida, chiara e perfetta sul nulla opaco di uno foglio bianco.
Una lettera incisa, scavata sulla durezza del marmo,
un graffio sulla pelle,
il simbolo incomprensibile d'un alfabeto in una sintassi immaginaria di segni.
“Inizio della Città”: Città di marmo, città murata tutto intorno, circonduzione e circoncisione, perimetro chiuso e scavato come un solco nella pietra dal centro nucleare. Siepi e sentieri si dipartono da quello come un groviglio di stradine circolari innestandosi dal nucleo generativo entro il perimetro inciso. Sentieri laterali lo percorrono in serpeggianti ondeggiamenti, in una proliferazione di tessere disuguali, di schegge e frammenti di marmo intrecciati, tramati l’uno nell’altro in linee concave e convesse, dal caos al perimetro, dall’indistinto al piano ordinato d'una visione.
Due ordini si fronteggiano e si affiancano qui: uno caotico andando verso l’esubero e la profusione nel movimento indiscriminato di particelle elementari, cellule, protoni e neuroni liberi nel cosmo, entro un dispendio energetico, gioioso e fine a sé stesso dell’energia prima di giungere a costituirsi in forma.
Dall’altro, un sistema ordinato impone piani rigorosi, una struttura di composizione assoluta, essenziale, una concentrazione dell’immagine e un condensare del racconto in poche linee astratte. Un perimetro chiuso, in rilievo isola dall’anonimo esterno in un moto che ripiega, circoscrive e separa, ritaglia e contrae lo spazio dentro un contorno, un perimetro, una cinta muraria conducendo al suo solo nucleo. Ora, forme pluricellulari dal micro-tessuto del mosaico si espandono e si dilatano, si volgono e si rivoltano, si dispiegano generando rivolgimenti e circonduzioni in flussi di cellule circolari e continue.
“Like a moon” Come una luna scavata dentro la pietra, ora a massa piena e ascendente ora in contorno concavo e discendente, scompare per non restare che arco eroso sui bordi. Entrambe giungono ad apparire come forme solo in seguito a un'erosione, uno svuotamento, una solcatura sulla superficie piana della pietra. Appaiono per un moto di sottrazione, togliendo tessere, scavando, facendo spazio al troppo pieno, erodendo o aprendo uno strato secondo sotto la superficie-pelle del mosaico.
