Il pari, il doppio, la copia d’un lavoro mai identico a sé stesso, il rifacimento a distanza di pochi mesi d’uno stesso soggetto appare nel lavoro di Matisse come una forma di rispecchiamento, del sé come della pittura , tradotta in termini puramente plastici nella variante temporale. La sua pittura, costante processo d’auto-riflessività non smette di confrontarsi alle diverse suggestioni estetiche che s’ affacciano_ divisionismo, fauves, stilizzazione, l’arte astratta_ un’influenza ora più presente d’un'altra che gli permette di mettere alla prova, sperimentare o esplorare il modello implicando diverse risposte o varianti rispetto al medesimo.Stesso motivo, stessa cornice, momenti differenti ravvicinati nel lavoro seriale, ora distanziati nel tempo danno vita a sdoppiamenti, diversi modi d’essere del soggetto nella pittura ritornando a opposizioni emblematiche quali interno e esterno, abbozzo o lavoro finito, sintesi o espansione d’un motivo, visione a distanza o dettaglio che riassorbe su sé tutta la scena.
In Lusso I e II , due opere del 1907 riprendendo il tema
classico delle bagnanti su uno sfondo naturale, una tela é il doppio
dell’altra, la copia dell’altra, ma la prima é ancora vicina al naturalismo
espresso da una forma plastica, in pieno volume che corregge il semplice
apparire retinico, ingannevole della
visione impressionista nella piena presenza dell’oggetto in una forma
idealmente data come in Cezanne. La
stessa scena ritorna nella seconda tela in un trattamento molto più vicino
all’arte moderna, completamente anti-naturalistico, nell’à plat unificante del colore dato in accordi tonali tra le diverse parti, nell’appiattimento
delle figure portate in superficie, nelle forme nitide, chiare, neutrali,
stagliandosi iconiche nello spazio, opponendosi o quasi staccandosi nettamente
dal fondo. Molto più presente é qui la nozione o l’idea di movimento nel modo
di vedere le figure, come nei rapporti tonali che disegnano la composizione in
un’armonia voluta.
Nel 1912 Matisse lascia il grigiore invernale di Parigi per imbarcarsi a Tangeri
dove dipingerà alcuni paesaggi in serie nel giardino della villa Brooks.
Impronta, insorgenza sensibile della natura lussureggiante di Spagna, questi
quadri nascono come forme espansive, rigogliose di vegetazione nell’impulsione
d’un motivo immanente, immediato di palme, tronchi e fogliame espanso sulla tela.
Ascesi di colore-verdeggianate su fronde chiare aprendiosi a raggiera, ora
cascata di verde, viola e indaco per approfondire l’ardore di quella prima
sensazione.
Strano come il gioco tra abbozzo e forma finita appaia rovesciato nella nostra
percezione a posteriori là dove la
fluidità limpida, luminosa della prima versione nata come schizzo resta oggi
più pregnante della tridimensionalità accentuata in diagonale della seconda
dove le figure si stagliano nette, stilizzate contro il fondo. Matisse
sperimenta qui come se una pellicola fotografica in fase di sviluppo fosse sottoposta
a un filtro irradiante chiarificatore nel primo caso , poi a uno oscurante,
argenteo, blu- cobalto nel secondo. Sperimenta con il colore in questa
immersione in qualità cromatiche differenti dove le figure stilizzate,
ricondotte a silhouette plastiche si immergono, si muovono. Tale bagno di luce
fa che forme identiche nei contorni reagiscano in maniera differente,
mobilitino e cambino la qualità della composizione: più leggere, fluide,
sinuose e appena abbozzate in un caso, più marcate, spigolose, iscritte in un
rosa anti-naturalistico, tese in una circolarità tridimensionale e fittizia nell’altro.
Tra il 1914 e il 1915 sono tre ritratti dello stesso personaggio femminile,
là dove la figurazione del viso per Matisse è mezzo fondamentale per esprimere la gravità, la permanenza dell’essere umano contro la qualità fugace, le apparenze mutevoli e effimere
dell'esistenza sensibile. Nella prima
versione la figura è integra nella solarità altera del volto, distante e
luminosa a mezzo busto, vista nell’armonia dell’abito rigato che ne disegna elegantemente
il profilo in linee verticali, nel
cappello nero adornato di fiori, della compattezza d’insieme della sua volumetria.
Nel secondo ritratto, è il volto che
prende il sopravvento con le sue ombreggiature, macchie, zone d’oscuramento o
di chiarificazione; la pesantezza, la pregnanza del volto come tale, l’
interferenza emozionale del pensiero sui suoi tratti, le sue zone di
imperscrutabilità, d’assenza che traspaiono attraverso la sapiente
distribuzione dei valori tonali. In “ testa bianca e rosa”, è la griglia del
cubismo, nell’influenza di Juan Gris a imporsi come gabbia geometrica della figura. Il volto
geometrizzato, intrappolato in questa decomposizione analitica astratta conserva
tuttavia nello sguardo l’intuizione sensibile dell' artista , questo elemento
d'appercezione immediata, folgorante
tanto più presente nel contrasto con l’armatura cubista dove la figura è
imprigionata.

Visioni di Notre-Dame (1914)
Due interpretazioni dello stesso, un
medesimo scorcio in vista frontale sulla cattedrale, naturalista, leggero e
fiabesco il primo, geometrico, epurato, in fuga prospettica verso una linea di
surrealtà il secondo. Le due versioni portate da una stessa suggestione smaterializzante
appaiono feriche e irreali, ma la prima apre lo spazio a una visione prospettica
chiarificante, lascia retrocedere il motivo centrale della cattedrale sullo
sfondo dandosi come globalità estesa e tridimensionale, visione rassicurante
d'una realtà immanente, sapientemente dosata in pieni-vuoti, contenuto e
contenente insieme, tale l'estensione d'un respiro che ridistribuisce i volumi
in profondità. Nella nuova versione, lo spazio dell'esterno si riassorbe su
un'unica superficie, uno squarcio di muro della cattedrale, come ricentrando,
riavvolgendo il tutto su quell'unico punto. Varco di luce, punto di fuga
surrealista, passaggio verso un'altra realtà. La tela-superficie é percorso
tracciato in linea obliqua sul reticolo-cosmo, linea conducendo verso un salto
nel vuoto: varco luminoso segnato da una macchia verde smeraldo-lucente.
E' ancora il rapporto tra interno e esterno, tra la necessità, da una
parte, di creare un'armonia compositiva, una giustezza nata dalla misura dei
valori cromatici nella rarefazione del disegno e dall'altra, la forma
dell'emozione, dalla sua impronta sensibile, nata dall' impulsione non mediata del
sentire. In “boccale di pesci rossi” dunque l'interno della stanza in rapporto
all'esterno é ancora in questa visione nitida, serena, distanziata dove il
soggetto vede se stesso in un rimando molteplice tra soggettività, messa in
opera pitturale e varco aperto dal medesimo verso la misura di un di fuori a
lui in relazione. Nella versione successiva una sorta di “close-up”, di
ravvicinamento fotografico all'oggetto, interiorizza e deforma l'angolo della
stanza, nel semplice dettaglio del vaso espanso, abitato dallo stato interiore
dell’artista. Sale come una verticale nera al centro della composizione
imponendosi come un’immagine destabillizzante di realtà, occlusiva, ripresa da una camera mobile in presa discontinua;
la vista sull’esterno si chiude d’un tratto, la finestra non rinvia altra
visione di salvezza, visione sulla città che questo riassorbimento entro la
cellula destrutturante della soggettività .
Rifare, ripetere lo stesso soggetto in un lasso di tempo breve ma
neccessariamente mutato rispetto a un prima, ritornare su un quadro nell'intervallo d'una differenza iscritta
temporalmente significa per Matisse, in qualche modo, approfondire, perseguire,
andare più a fondo in una certa
intuizione, fare delle scelte rispetto alle possibilità che si presentano al
suo dispiegarsi, avvicinare lo stesso secondo differenti suggestioni
stilistiche, ricercare sempre più una
sostanza di realtà dentro l'oggetto, un ordine plastico e sintetico dietro la
pellicola effimera, l'appercezione sensibile e immediata degli impressionisti.
Nelle rielaborazioni seriali del processo pittorico negli anni '30, “ nudi di
donna” per esempio, assistiamo a una sempre maggiore semplificazione ed
epurazione della forme. Un'opposizione si disegna allora tra una versione che
singolarizza, soggettiva il modello nei tratti unici del suo viso, nelle
maggiori proporzioni del suo corpo, nel micro-cosmo del suo essere personaggio
partendo da un modello dato. Una versione successiva, al contrario, chiarifica e sintetizza le forme, elimina i
dettagli superflui e la soggettività della figura cercando questa rarefazione
di poche linee sostanziali, insostituibili all’armonia d' insieme. Contemporaneamente,
amplifica, espande e condensa la portata repentina dell’intuizione creativa su una
parte, un oggetto o un dettaglio del quadro eliminado cio’ che allora non é più
necessario alla composizione; ne persegue il punto focale o la pulsione
che la porta là dove si situa l’irradiazione sensibile, la forza intrinseca del
lavoro pitturale.
“Temi e variazioni” riunisce 160
disegni realizzati da Matisse nel suo appartamento-atelier d'hotel a Nizza tra
il '41 e il '42 ricomprendone le pareti d’una intera stanza. I disegni seguono
il processo creativo delle sue composizioni come più tardi faranno le
fotografie scattate nel corso delle fasi di sviluppo d’un quadro. L’ atelier
matissiano é “camera chiara”, luminosa
della pittura in antitesi a quella “oscura” della fotografia, dove i disegni
si lasciano affiorare in superficie fino a ricoprire la lunghezza delle pareti, dal suolo al soffitto, dando la
misura della rielaborazione inesausta, della meta-riflessività come
preoccupazione costante insita al fondo
delle sue opere.
Disegni a inchiostro iscrivono la sensazione nell'emergenza del momento:
l'abbozzo, lo schizzo, ma anche la linea immediata, istintivamente visualizzata
sul foglio, linea che chiude, sancisce e delimita, limpida nell'affioramento
dell'emozione. Esiste una continuità disegnata dalla linea, pur nelle
interruzioni dei vari schizzi, nell'atto del guardare l'altro, il modello, e di
modificare il proprio sguardo seguendo da lontano l'abbozzo d'un impressione del
viso, incerta, ora a distanza ravvicinata, ora cogliendo nuances dello stesso,
sfumature dei suoi turbamenti espressivi. Attraverso i vari disegni Matisse
cerca questa sempre maggiore fluidità, morbidezza d’una linea continua che
estenua le proprie possibilità espressive o riesce a improvvisare liberamente a
partire da un modello interiorizzato. Il disegno diviene allora banco di prova,
di sperimentazione e deviazione voluta nel fare e rifare del processo creativo.
La linea circoscrive, delimita, definisce gli oggetti ma anche li separa
dal fondo immersivo in “natura morta alla magnolia”, li restituisce come forme
sospese, fluttuanti nel fondo rosso-colore. Li astrae, li essenzializza come il
vaso di fiori circolare, a raggiera, nella propria centralità compositiva. Esplosione
luminosa, solare, irradiante d’un verde tenue ora trasparente ma rarefatto, condensato, nel
contorno sferico che ne astrae l'oggetto.

“E’ a partire dalla mia interpretazione che reagisco fino
a che il mio lavoro non si trovi in accordo con me stesso. A ogni tappa ho un
equilibrio, una conclusione provvisoria; alla fase seguente trovo la debolezza
dell’insieme, mi reintroduco nel lavoro per quella, entro per la breccia e ri-
concepisco il tutto.”
A partire dal ‘35 alcuni quadri sono accompagnati da prove fotografiche nel
percorso di realizzazione mostrando la complessità del processo pittorico, il lavoro
come instancabile rielaborazione, fase dopo fase, dietro l’apparente semplicità
del risultato finale. Osserviamo per esempio le fotografie che accompagnano le
rielaborazioni successive della coppia di quadri Blusa rumena e il Sogno.
Nella composizione del Sogno il viso è là dall’inizio, ben
chiaro, netto questo viso dalla dolcezza imperscrutabile dei tratti; dunque il viso è là dall’inizio nel disegno, ben
presente, ma deve essere cancellato, l'artista deve riuscire a escluderne la soggettività
per giungere a vedere l’insieme, comprenderne la postura, vale a dire trovare come questo corpo debba muoversi, apparire, visualizzarsi per entrare in accordo, corrispondere
alla prima intuizione del viso. Come debba incarnarsi per emergere in quello che
la sua immagine interna voglia che sia.
I disegno sono dunque degli “stati sognati” in cui far evolvere la figura,
postura avvolta su sé, testa e corpo all’unisono, gli occhi chiusi nella sinuosità
della linea di contorno. La sua forma, fusionale, rannicchiata ritrova, infine,
la soggettività del viso nella linea melodica della composizione finale.
E’ il motivo, la decorazione del tessuto, nell’abito ripetendosi identica
da una tela all’altra a fare da legame tra le due mentre la postura, l’essere
della figura femminile cambia, si trasforma completamente. Là dove la prima era
ravvolta ad occhi chiusi in circolo su sé stessa, il viso ora é visto
frontalmente in un sorriso, lieve, etereo, di suggestione botticelliana rinviando
all’ideale femminile d’una bellezza incorporea, soave, al massimo grado epurata di sensualità. L’evoluzione
compositiva del disegno si incentra sul tessuto della veste dal motivo decorativo sulla quale verrà a sovrapporsi un viso, una sensazione di sguardo . Nel processo di ricerca, Matisse cancella la decorazione del tessuto per trovare la volumetria, la presenza plastica della figura. Ne espande l’ampiezza al livello delle spalle per definire l’accordo con la testa; solo allora puo’ reintroduce il motivo, solo allora, trovare equilibrio tra le varie componenti in accordo alla propria visione interiore.
compositiva del disegno si incentra sul tessuto della veste dal motivo decorativo sulla quale verrà a sovrapporsi un viso, una sensazione di sguardo . Nel processo di ricerca, Matisse cancella la decorazione del tessuto per trovare la volumetria, la presenza plastica della figura. Ne espande l’ampiezza al livello delle spalle per definire l’accordo con la testa; solo allora puo’ reintroduce il motivo, solo allora, trovare equilibrio tra le varie componenti in accordo alla propria visione interiore.
Se il colore non é fenomeno puramente esteriore ma contribuisce a esprimere
la luce, non solo quella fisica ma anche quella interiore che illumina
l’oggetto nell'appercezione dell’artista, dipingere nei grandi “interni” matissiani
degli anni ’40 é sentire l'oggetto e, insieme, essere con, immediatamente nel colore. Utilizzare
questo potere emotivo, potere di liberazione e ampliamento dalle convenzioni
espressive e figurali d’un epoca aprendo la via a uno spazio plastico autonomo,
quello dell’arte moderna, dove disegno, colore puro e linea, gli strumenti matissiani
per eccellenza, non sono più al servizio d’una realtà fenomenica ma, essi
stessi, al centro della pittura, mezzo e misura sostanziale per rapportarsi
alla sua interna realtà, alla sua esterna consapevolezza. Inseguendo questa
intuizione interiore, Interno rosso di Venezia nasce come un’emergenza di
colore dove poi cominceranno a fluttuare degli oggetti in composizione libera:
un tavolinetto sinuoso, un vaso di fiori al di sopra, un bicchiere al suo
centro, un piedistallo, un’anfora gialla, un quadro di linee nere e dense sul retro.
E la linea scorre fluida, sicura, intuitiva emergendo dal fondo in abbozzi di
disegno dalla semplicità disarmante, in una giustezza tuttavia ineluttabile.
In Interno rosso, la potenza del rosso va a riempire gli spazi
vuoti, le marcature dominanti delle macchie nere, dai segni spessi d’inchistro
della prima versione. E, d’un tratto, nel grande interno rosso, la visione si
anima, diviene vivente. Gli oggetti come forme in ebollizione, molluschi fluttuanti in un vaso di pesci
rossi, guizzano in quel bagno invasivo di colore; poi si riflettono nell’arancio
d’ un quadro al fondo della tela in una sorta di metadiscorsività totale
sull’atto del dipingere.
In “Felce nera” abbiamo nella prima
versione un tavolo, un vaso con una pianta, un motivo decorativo ad esso
connesso, un profilo femminile appena tracciato, un fondo rosso, l’angolo di un
quadro appena visibile. La nuova versione attinge direttamente da questo fondo
rigato in margine da una tela, porta alla sua espansione massimale tale intuizione
d’auto-riflessività, la potenza dell’oggetto reale e insieme
“l’oggetto-pittura” spinto ai limiti della sua visualizzazione creatrice.
La serie dei “nudi blu” : colore blu direttamente sulla tela contro una linea
bianca continua, epurata ma netta del contorno. Pieni e vuoti di figure sono ritagliate
direttamente sul colore, circostritte da margini bianchi attraverso riduzioni e
collage. La ripetizione in serie appare come una messa in movimento , l’espansione d’un principio
ritmico di composizione jazz;
una linea di danza simulata nella ripetizione del disegno,
la danza ricreata attraverso un lavoro plastico e pitturale.