
“In the mood”, titola l’introduzione all’opera di Jack Vettriano, artista scozzese contemporaneo ancora poco conosciuto in Italia cui Palazzo Pallavicini a Bologna dedica una retrospettiva fino al prossimo 20 Luglio a pochi mesi dalla sua scomparsa. Proprio in quel particolare “mood” o atmosfera, infatti, ci conduce la pittura unica e raffinata di Vettriano, sensuale e ammaliante quando ispirata da una musa o “ femme fatale” al centro della tela, ora intrisa di nostalgia e desiderio quando riportata su quella spiaggia scozzese sovente al centro della sua creazione. Vettriano nasce nel 1951 da una famiglia di origine italiana per parte materna proprio nella contea scozzese di Fife le cui suggestioni paesaggistiche ritornano sovente nella sua pittura. Abbandona gli studi a 16 anni iniziando a lavorare in miniera per intraprendere poi la strada dell’arte in maniera autodidatta dall’età di 21 anni influenzato dai quadri di Hopper, dai coloristi scozzesi, dall’estetica del cinema noir e più tardi dal cinema hollywoodiano. A prescindere dal soggetto luci e ombre permeano costantemente le sue tele attraverso un intenso chiaroscuro che domina tutta la sua pittura traslando sempre la medesima da realista a simbolica, in ogni caso evocativa di una storia intravista ma mai totalmente svelata, osservata e colta in sordina come se l’artista fosse testimone invisibile della scena. Il tocco di Vettriano resta rapido, incisivo, capace di cogliere in pochi tratti essenziali il “mood” vale a dire lo stato d’animo pervasivo dello scorcio rappresentato. Il ritmo musicale citato come fonte di ispirazione è quello del jazz: rapido, sincopato come l’alternarsi degli strumenti in un dialogo d’ improvvisazione. Lo si ritrova, infine, nel contrasto dominante tra luci e ombre nei suoi quadri, tra ciò che è rappresentato e manifesto e ciò a cui rimanda di allusivo e misterioso nella scena.
“A spell on you”
La
figura femminile appare spesso al centro delle sue tele come simbolo di fascino
e seduzione quasi fosse un incantesimo
da cui non riesce a sottrarsi, “un mistero senza soluzione” nelle parole
di Vettriano, dove la donna è spesso rappresentata come un’Afrodite contemporanea
che rende l’uomo semplice comparsa dal potere puramente apparente. Da un altro
punto di vista, vediamo il soggetto femminile di profilo con lo sguardo a metà
celato allo spettatore quasi che allo
stesso modo la rappresentazione volesse aprire uno spazio di inconoscibilità
demarcando una linea sottile oltre la quale la percezione reale della figura,
oggetto di fascino e desiderio, resta in qualche modo interdetta a un tentativo
di appropriazione dello sguardo maschile se non come apparente visione . In “yesterday’s dreams” la donna è vista guardare
fuori oltre il vetro della stanza; il viso a metà in penombra assorto
nell’emozione di un momento o di un ricordo. La finestra a vetri enorme sullo
sfondo riflette e si pone come una linea di confine tra l’interiorità celata
della donna e la realtà esterna a lei circostante. Elegante e sottile la figura
quasi di spalle volge lo sguardo fuori, lontano da noi mentre la scena è
pervasa da percepiamo attraverso la postura che sfugge, lo sguardo rivolto
lontano, nei colori ocra-rossicci dello sfondo, nel senso, infine, di
solitudine pervasivo di una storia lì interrotta o sospesa. Oltre quella linea
di demarcazione la figura resta mistero e inconoscibilità.
“Homage
to Fontana”
Bisturi alla mano, l’artista volge le spalle a noi guardando oltre i vetri della grande finestra; ha appena tagliato la tela del cavalletto con squarci netti e definiti che richiamano i “concetti spaziali” di Lucio Fontana cui rende omaggio attraverso quest’opera. Il pittore italiano ricercava là il superamento dei limiti bidimensionali del quadro aprendo a una quarta dimensione spazio-temporale che sapesse confrontarsi con il reale includendo anche i concetti di vuoto o di tensione verso l’infinito. Il titolo “Attesa” accompagnava spesso tali tele suggerendo una riflessione sul tempo perché lì ogni taglio era “un istante catturato” che apriva uno squarcio allo scorrere lineare del tempo. Allo stesso modo, l’artista scozzese rappresenta spesso nei suoi quadri quel tempo sospeso dell’attesa definito come “ciò che potrebbe essere e non si sa se avverrà mai”. Queste figure femminili sinuose ed eleganti sfuggono al nostro sguardo volgendo a noi quasi le spalle in un tempo in cui “l’anima tende, si dirige verso” un altrove oltre il limite della scena. Per Vettriano l’arte rappresenta non solo ciò che è visibile ma più spesso “ciò che non lo è”, quella quarta dimensione appunto di cui parlava Fontana che tende oltre l’apparire, l’intangibile del reale oltre la rappresentazione.
Sulla Spiaggia
“The sea belongs to everyone. It welcomes feelings, allows footprints
aware of the ephemeral nature of every passage”.
E’
alla natura effimera di ogni paesaggio, al
mare propriamente che si ritorna sempre nelle tele più riuscite di
Vettriano , là dove spiagge luminose appaiono irrorate di una luce soffusa al
tramonto e la banchina traslucida e irreale simile a un proscenio accoglie le
figure danzanti, sospese nel vento in un tempo “fuori dal tempo” simile a un
sogno dove nulla o tutto può accadere.
In
“Mad Dogs”il mare, la spiaggia e la
luce della costa scozzese al tramonto divengono protagoniste mentre due figure si
muovono sulla banchina verso l’infrangere delle onde a riva. La giovane donna
in abito leggero e bianco precede mentre l’uomo le sostiene l’ombrello
leggermente retrostante. Lei tentando di restare in equilibrio in una danza
lieve, appena accennata, in bilico sulla riva mossa dal vento. Con una
freschezza innata, la sua leggerezza e carica emotiva donano intensità alla
scena. In “Singing Butler”l’atmosfera
è totalmente onirica e sognante come fossimo in un ambientazione surrealista di
Dalì , certamente in un luogo immaginario traslato fuori dal tempo ordinario,
un altrove creato lì appositamente dal quadro per dare forma e corpo a un
desiderio soggiacente, inconscio, viscerale inteso come l’Es del linguaggio. La
donna in abito lungo, rosso e attillato stretta all’uomo nella danza appare a
piedi nudi, riscattando una certa idea di libertà mentre la scena è orchestrata
dentro uno spazio delimitato dai due ombrelli scuri_ il maggiordomo e la
cameriera retrostanti_ sospesi come per proteggerli dal vento o dall’imminente
temporale. Teatrale quasi sulla spiaggia incandescente di grigio e d’oro,
diviene questa ambientazione in un equilibrio perfetto di luci e di ombre
mentre le figure sospese volgono lo sguardo all’orizzonte lontano da noi a metà
tra levità e mistero.
“Dance me to the end of love”
La
danza resta uno degli scenari ricorrenti nelle tele di Vettriano perché riporta
immediatamente le figure a una
dimensione intima e poetica veicolata nel silenzio della parola attraverso la
gestualità del corpo. Così i volti sfuggono alla visione frontale e le figure
spesso di profilo lasciano parlare l’espressività dei gesti e delle pose. “Dance me to the end of love” è proprio
attraverso la pittura un invito a continuare a danzare fino all’ultimo respiro
là dove la danza è vista come metafora stessa dell’esistenza, fino alla fine
della musica, fino al limite ultimo della vita o dell’amore come titola il
quadro. La coppia stretta nella danza sulla spiaggia in abito da cerimonia con
il sole calante al tramonto si ritrova insieme nel passaggio del tempo
attraverso la persistenza della vita o fino alla fine della medesima. Ancora la
spiaggia appare nella sua dimensione traslucida, limpida ed estraniante restituendo
qui uno stato d’animo a metà tra solitudine
e romanticismo. Invita ad affacciarci, un’ultima
volta in punta di piedi, con leggerezza dentro questo scorcio di vita,
scenario intimo a metà rubato tra i due su una
scena che echeggia di surrealismo.
“Jack Vettriano by Francesco Giudicini”
Nell’ultima sala Vettriano appare fotografato sullo sfondo dei suoi quadri dal ritrattista del “Sunday Times” Francesco Giudicini offrendo un’ultima riflessione sulla pittura vista attraverso l’obbiettivo fotografico, ancora in quella “quarta dimensione” qui dischiusa attraverso la fotografia. L’essenza del ritratto di Vettriano si riassume per Giudicini in questo scatto fotografico nel suo studio. Una manciata di pennelli appare in primissimo piano all’angolo di un cavalletto visto trasversalmente con una tela al di sopra che si realizzerà o meno come contingenza di un momento o di un’atmosfera particolare. Ancora in quello spazio “dell’attesa “ seducente, misterioso che costantemente si presenta come sogno ad occhi aperti nella pittura di Vettriano.