Byron trascorse in Italia una parte della sua vita sfuggendo dalla noia e la disillusione del proprio paese a causa di una serie di scandali personali e finanziari; soggiornò in diverse città italiane dal 1816 al 1823 per approdare infine a Ravenna dove rimase tre anni nel corso di una intensa quanto illecita relazione amorosa con la contessa Guiccioli. La città oggi gli dedica un museo permanente la cui apertura è prevista a fine ottobre 2024 a Palazzo Guiccioli in occasione del bicentenario della sua scomparsa e una mostra fotografica temporanea, rivisitazione dell’opera e del vissuto del poeta da parte del fotografo Giampiero Corelli in un riallestimento contemporaneo del mito byroniano.
Le immagini di Corelli illuminano come scintille o sprazzi
luminosi alcune citazioni della vicenda e dei luoghi byroniani in una vera e
propria immersione nel suo universo poetico legato a doppio filo al tempo
presente. Un tracciato quasi inestricabile lega, infatti, la poesia alla sua esistenza: la sua ricerca
di libertà nel disprezzo del giudizio sociale, e, soprattutto, il mito del sé al
limite dell’eccentricità riflesso nei suoi alter ego letterari . Le fotografie
traslando dal passato al presente mantengono nel lavoro di Corelli lo spirito o
meglio l’essenza del mito byroniano ma si rivestono dei volti e dei paesaggi
del mondo contemporaneo. Nella prima immagine e forse la più rappresentativa
della mostra un uomo a cavallo avanza verso di noi attraverso i fiotti
dell’oceano mentre la linea dell’orizzonte dissolve alle sue spalle : l’uomo e
la sua maschera. La verità poetica emerge attraverso la maschera dell’eroe
solitario e ribelle sullo sfondo dell’oceano oltre la linea dell’orizzonte che
spalanca come volevano i romantici una "finestra sull’infinito” .
“Ancora una
volta sulle onde. Ancora una volta! E le onde balzano sotto di me come
destriero che conosce il suo cavaliere. Benvenuto al loro ruggito” (Childe Harold’s, III)
L’orizzonte è striato da bagliori tenui e violacei come fosse il sopraggiungere dell’alba e l’uomo a cavallo avesse percorso tutta la costa nella notte per sopraggiungere alla città sconosciuta ai primi bagliori dell’alba nella luce mattutina. Tenue, il mare scompare all’orizzonte là dove si incontrano terra e cielo, su quella linea d’ombra sottile che dissolve in lontananza oltre il nostro sguardo. L’uomo avanza cavalcando verso di noi a raso delle acque: ombra, fantasma quasi proveniente dal passato, maschera imponente e misteriosa, malinconica e austera in questa figurazione contemporanea dello spirito romantico. Il volto appare ora in primo piano: una maschera bianca e neutrale che celando mette a nudo il carattere indomito dell’eroe solitario e ribelle evocato dal tema byroniano.
L’oceano
“Io non amo di
meno l’uomo ma di più la natura per
questi nostri incontri nei quali mi allontano furtivamente da ciò che posso
essere ora o essere stato prima, per unirmi all’universo e sentire quello che
non posso mai esprimere eppure nemmeno mai interamente celare”.
Il mare ritorna come un eco incessante nelle diverse
composizioni poetiche tra cui il quarto canto di Childe Harold’s evocando l’idea di un’infinità insita nella natura che
supera e mette alla prova i limiti dell’umano secondo il concetto di sublime
romantico. Là, il poeta e l’uomo
percepisce la propria finitezza e, insieme, quell’intima tensione verso ciò che
lo conduce oltre: l’incommensurabile che la natura porta in sé. Là, ancora, sente
risvegliarsi questa sua sete inesausta di spirituale divenendo egli stesso parte
dell’infinito che si rivela.
La passione amorosa
L’intensità del sentimento amoroso verso la donna cui
indirizza questa serie di epistole , la contessa Guiccioli, pur attraverso una
relazione clandestina destinata a concludersi a breve si esprime con parole
scritte in una lingua straniera, l’italiano, fatta propria per amore. Le
immagini di Corelli in questo frangente si ispirano direttamente al vissuto biografico
del poeta oppure come citazioni più sottili lo riportano alla realtà dei
giovani volti d’oggi.
“Farewell
my love but not all mine”
“Tutti gli addii dovrebbero essere improvvisi
quando sono per sempre”.
Nell’immagine successiva, ritorna l’allusione ai pochi momenti di intimità rubati tra i due amanti in una relazione che si consuma perlopiù a distanza e sfocia inevitabilmente in un addio. L’abbraccio clandestino tra i due in primo piano occultato dai lunghi capelli di lei che ne nascondono i volti si staglia ancora una volta sullo sfondo della biblioteca scura in rovere antico. In un’altra foto sono in primo piano le lettere d’amore manoscritte e scambiate segretamente tra i due amanti come il solo strumento per manifestare e cedere alla propria passione, ora per dirvi addio.
La maschera: “E dopo
tutto cos’è una bugia? Solo la verità in maschera”
Tanto ha a che vedere
nel mito letterario costruito da Byron con l’illusione e la verità, una
finzione che permette di raccontare una qualche verità più profonda, insidiosa da
svelare. Da un lato Byron crea attraverso la propria immagine pubblica e alter
ego poetici il mito di un eroe inquieto e solitario, nobile di nascita,
outsider per eccellenza della società benpensante inglese che fugge lontano dal
proprio paese per nascondere un qualche retaggio del passato e vede riflessi i
propri stati d’animo nell’immensità della natura. Dunque la poesia in questo
caso consolida la finzione di un personaggio che si offre come maschera,
invenzione letteraria di una soggettività poetica. Basti pensare agli alter-ego
poetici da Childe Harold alla
versione più satirica di Don Juan. Da
un altro punto di vista, Byron attacca la società inglese toccando il tema
dell’ipocrisia e della falsità che la caratterizza là dove la maschera è ciò
che occulta o manipola secondo i propri
fini la semplice e nuda realtà. Alter ego, maschere e commistioni tra l’umano e
l’animale riempiono questa sezione delle immagini di Corelli riportando al centro il tema della
dualità dell’uomo e del poeta Byron: l’energia animale e quella mentale, la
ragione e il sentimento, la maschera che occulta e insieme svela una
verità poetica soggiacente.
“Sono portato a
pensare che una persona abbia non solo la pelle che appare all’esterno, ma ne
abbia anche due o tre all’interno”.
Nell’immagine di Corelli un giovane uomo e una donna sullo sfondo di un salotto di una dimora nobiliare appaiono avvolti nella vibrazione e nella tonalità di un rosso vivo ripreso dai broccati degli interni e delle tende. Rosso è l’abito sottoveste lungo sensuale della donna e la tunica dell’uomo, rossa la maschera che tiene in mano la giovane mostrando il suo volto nudo, opposto alla maschera nera di lui diviso tra il corpo dell’umano e la testa dell’animale che gli copre il volto. Un gioco di rinvii si dispiega da un’immagine all’altra della serie fotografica: un dialogo amoroso scandito dal silenzio, da un’improvvisa rottura o da un addio preannunciato tra i due personaggi nella foto .
La maschere figurate da Corelli possono in definitiva essere
viste come la serie la volti differenti e contradditori con le quali il poeta Byron era solito
mostrarsi alla società borghese e conservatrice cui tentava di rifuggire nel
suo paese ma anche come gli Alter Ego
poetici, da Manfred a Harold, che nel tempo hanno dato vita al
mito dell’eroe byroniano. Eppure sono proprio quelle maschere a permettere a
Byron di rompere i legami oppressivi, l’eredità soffocante del passato e la
tradizione letteraria classicista aprendo la via così verso una poesia lirica
nuova, totalmente soggettiva, romantica di ispirazione ma tendente già verso un
linguaggio poetico moderno.