“Che cos’è la scultura, che cos’è la
pittura? Ci si aggrappa sempre a vecchie idee, a definizioni superate come se
non fosse il compito dell’artista di trovarne delle nuove.”
“Per me non c’è ne passato ne futuro
nell’arte. Se un’opera d’arte non può vivere nel presente non deve essere
considerata. L’arte dei Greci, degli Egizi, dei grandi pittori vissuti in altre
epoche non è un’arte del passato. E’ più viva oggi di quanto non lo sia mai
stata.”
In questo senso il gioco di influenze è duplice tra l’artista l’opera: da un lato, Picasso come genio assoluto dell’arte moderna sperimenta con la ceramica al pari di ogni altro materiale plastico. Mette alla prova tutte le tecniche e, nelle opere più propriamente sculturali come i vasi antropomorfi, trasforma e stravolge l’oggetto intervenendo con la pittura sull’argilla soprattutto attraverso l’ingobbo, poi con ossidi, smalti colorati, pastelli ceramici o lustri metallici. Utilizza l’incisione su ceramica nonché l’assemblaggio casuale di oggetti “trovati” che poi diventeranno vere e proprie sculture. D’altra parte, l’artista spingendosi oltre i limiti della tradizione rinnova radicalmente quest’arte esercitando un’influenza sugli sviluppi successivi della medesima: non più forma decorativa ma, nelle sculture più originali ,veicolo d’espressione totale. Come tale entra a far parte di un universo poetico i cui temi ricorrenti sono la rappresentazione del femminile, l’erotismo, la virilità, il tragico, il gioco con la materia.
Vasi-donna
“Io prendo un vaso e con esso do forma a una donna. Prendo la vecchia metafora e la realizzo nella direzione opposta, le do nuova vita.”
Muoversi dalla metafora alla realtà, renderla tangibile in una forma.
I vasi antropomorfi divengono sculture a sé stanti; ne “le Quattro Stagioni” le figure femminili fuoriescono dai limiti del vaso pre-esistente e prendono vita, modellano il corpo plasmandosi nelle rotondità di natiche, seni e teste in forme sensuali e avvolgenti impregnate di eros. Compaiono, ancora, le teste-anfora ispirate alla tradizione pre-colombiana, poi delle teste femminili a forma di sasso, massicce nello sguardo, altre piangenti senza lacrime reclinate in avanti e spogliate di ogni ornamento.
Occhi enormi tridimensionali quasi, neri e ultraterreni vi fissano mentre i volti affiorano di profilo dipinti con le tonalità rossicce dalla terra. Intagliati per scorci di profilo su frammenti di pietre gli occhi si stagliano cerchiati in nero e impressi quasi a fuoco sul fondale rossiccio dell’ argilla.
Fluttuante come onde mosse da una corrente di linee dipinte e flessuose, il vaso-anfora si veste del corpo di una donna e le dà mobilità, spirito e vita. Maree dipinte a nero pennello, morbide e sinuose abitano questo corpo massiccio e statico di terracotta.
Quattro sfaccettature di uno stesso volto si disegnano tracciate nelle linee essenziali del contorno su un vaso di tradizione azteca. Qui il viso è scomposto sui quattro lati, visto nelle quattro direzioni come una forma unica frantumata, ripetuta, resa multipla in senso cubista.
Ora sono mani che appaiono e plasmano, appropriano la forma stessa del vaso, ne inglobano la superficie come le forme al di sotto: il fondale nero della ceramica, l’ocra di queste mani presenti e vive su un giallo brillante, il bianco smaltato delle figure rilucenti al di sotto.
“C’è questo smalto liquido applicato alla forma che viene colorata con l’aggiunta della pittura; esso trasforma, rende l’oggetto diverso”.
Il frammento della lastra ceramica è ricoperto di smalto liquido come una colata di colore sulla superficie lustra in seguito ridipinta a pennello. E’ un “Dejeuner sur l’herbe” (1962) dal tema classico grandiosamente riappropriato dall’artista, soggetto alla metamorfosi picassiana di una scultura ceramica dove il volto maschile appare ancora una volta fatto a pezzi, dilaniato e inciso richiamando la drammaticità violenta di Guernica. Il corpo femminile appare semplicemente di fronte a quello nella grandiosità dei volumi, nella sensualità di forme piene e carnali di cui la testa è un frammento tra i tanti: distaccato, messo in rilievo al centro del torace tra i due seni.
Vasi con gufi...
Gufi, civette, animali notturni incisi a coltello appaiono sulla terracotta modellata e dipinta di altre sculture ceramiche. Scavati, estrapolati dall’argilla del vaso stesso, incisi soprattutto negli occhi neri, piccoli e acuti che intercettano, sporgendosi verso l’esterno, lo sguardo dei visitatori.
Ne “ la civetta”, per esempio, gli occhi sono notturni, proiettati verso l’esterno per rubare un qualche segreto all’oscurità mentre la figura appare stilizzata, iconica, incisa in segni essenziali. Essa aderisce alla forma del piatto, alle profondità della parte incava con il ventre e il bacino mentre la testa emerge nera e tondeggiante al di sopra e le zampe artigliate al di sotto, dall’altra estremità del piatto. Gli occhi ci fissano da lontano in maniera quasi ipnotica mentre il corpo dell’animale si plasma completamente nell’oggetto in ceramica fino a renderlo vivente, abitato.
“Quando inizi un ritratto cerchi una forma pura, un volume chiaro attraverso una serie di eliminazioni. Raggiungi inevitabilmente la vetta. E’ necessario sapere quando fermarsi”.
Le "eliminazioni" divengono "illuminazioni", sembra affermare Picasso, perché è nel togliere, nell’
estrarre un dettaglio dalla massa indefinita della materia che si raggiunge l’idea,
la visione pura ed essenziale, il culmine
e l’espressività nel lavoro d’arte.
Ora l’occhio dell’animale è espanso al centro del piatto, nero e bianco
su un fondale concavo e rossiccio di terracotta contornato da tori dipinti nell’ immaginario
delle corride. Diventa oggetto-forma in sé, un grande occhio centrale espanso
come il pittore nell’ atto di guardare :
cogliere una verità, rubare un segreto, lasciarsi attraversare dalla
realtà tutta attraverso uno sguardo.
Il video esposto al Mic in concomitanza alle opere segue
l’artista nel mentre della creazione, lo mostra nel lavoro quotidiano a una
tela, poi nel processo di assemblaggio dei materiali più desueti e raccolti intorno
a lui casualmente per sperimentare con la ceramica. Allo stesso modo le
tonalità più inaspettate dell'argilla escono dalla fornace con la
casualità di un gioco calcolato .
Mentre Picasso
disegna le forme appaiono rivelandosi quasi dalle sue mani, dal suo corpo
sulla tela. Si materializzano nella sua mente creatrice, nei suoi occhi acuti e
scintillanti, nel suo tocco incidente e lieve, nella più totale libertà
espressiva delle sue mani cedute alla creazione.
Una
tela bianca con mano sicura traccia una linea, poi un’altra, un’altra ancora.
Carboncino o matita l’immagine prende forma, la linea avanza lenta e inesorabile e le case del villaggio
prendono forma , poi l’opificio, la strada un ritratto femminile. La mano, strumento
fisico e psichico insieme dà forma e lascia affiorare quella realtà prima e
malgrado sè stessa.
Nature e volti dipinti su ceramica
Gli oggetti
prendono vita dalle sue mani, le forme nei piatti con nature morte assumono
corpo, movimento, passione e sensualità.
Un coltello, una forchetta, una mela fuoriescono dal piatto in ceramica, quasi fossero in trompe l’oeil, abitate di vita propria. La materia si plasma, si piega e si ribella alle superfici statiche tradizionali. Nella lastra dipinta con natura morta le forme dei frutti divengono scomposte e frammentate, viste nella loro deformazione e rielaborazione costante da angolature differenti, a volte sovrapposte in un’ottica cubista.
Un coltello, una forchetta, una mela fuoriescono dal piatto in ceramica, quasi fossero in trompe l’oeil, abitate di vita propria. La materia si plasma, si piega e si ribella alle superfici statiche tradizionali. Nella lastra dipinta con natura morta le forme dei frutti divengono scomposte e frammentate, viste nella loro deformazione e rielaborazione costante da angolature differenti, a volte sovrapposte in un’ottica cubista.
Un vaso in
terracotta a due ante è dipinto con due teste una frontale, sorvolata da una
civetta, e la stessa vista di profilo.
Il giallo è immenso, solare e irradiante sull’argilla, il volto è tracciato da una semplice linea nera come attraverso la mano di un bambino. I contorni sono essenziali e marcati, gli occhi neri sullo sfondo giallo e luminoso. Semplicità sostanziale e primaria di un dipinto su argilla fatto di getto quasi. Il volto espanso aderisce totalmente alla forma pre-esistente, la ricopre quasi assimilandosi al vaso. Diviene questo volto-civetta emerso sul uno sfondo vibrante e colorato; al di sopra, il suo doppio acuto, osservatore e intuitivo capta e registra, legge e scompone la realtà per comprenderla e restituirla in un vocabolario di forme nuove nate dal suo interno atto di visione.
Il giallo è immenso, solare e irradiante sull’argilla, il volto è tracciato da una semplice linea nera come attraverso la mano di un bambino. I contorni sono essenziali e marcati, gli occhi neri sullo sfondo giallo e luminoso. Semplicità sostanziale e primaria di un dipinto su argilla fatto di getto quasi. Il volto espanso aderisce totalmente alla forma pre-esistente, la ricopre quasi assimilandosi al vaso. Diviene questo volto-civetta emerso sul uno sfondo vibrante e colorato; al di sopra, il suo doppio acuto, osservatore e intuitivo capta e registra, legge e scompone la realtà per comprenderla e restituirla in un vocabolario di forme nuove nate dal suo interno atto di visione.
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