domenica 27 marzo 2011

Leslie Kaplan, esercizi di riscrittura e altro




















"Che cos'é parlare ? Come si puo' “fare faccia”, affrontare o "non parlare" in modo frontale all'altro in teatro, 
attraversare l'esperienza a multiple facce, disarmante, dell'alterità come tale sulla lama a doppio taglio, inequivocabile, che un viso mi pone, percorsa nella sua duplice direzione d’avanzare e retrocedere, proteggersi e attaccare, 
spostarsi fuori e barrarsi dentro.


Viso,  atto d’accusa, di scusa, di contraffazione, di reciproca esposizione; 
maschera mai neutrale, dissimulare, schivare, distogliere nella verità d'uno sguardo.







Il contatto diretto con la pelle d’altri, scoprire questa alterità fondamentale di chi é là come punto di sospensione, d'arresto contro il quale l’io inevitabilmente inciampa, incorre, cercando una risposta nella prossimità, in lotta, con e contro sé stesso, posto di fronte alla propria solitudine essenziale.
Il dialogo è prima di tutto messa in tensione, disarmante, feroce, ora ferente, tensione tra i corpi, i colpi, le parole, "non parlare" in modo frontale all'altro. Si mostra su una scena come messa in gioco silenziosa, rinvio e ritorno, passaggio di testimone, muro del suono rifrangente, costante rimbalzo all'indietro della parola, l'invio che non riesce a passare, barriera contaminata , messa a distanza, captazione inesatta, registrazione erronea. Produce versioni differite, interferenze di voci, sovrapposizioni di linee mai completamente assimilabili.  
Su una scena, la relazione alla parola, più vicina ai corpi, più violenta, fisica e organica é immediatamente percepibile nello spazio dei sensi. Architetture d'aria, d'etere o di vuoto circoscrivono i corpi, isolano gli individui in angoli, punti, zone separate. 
Filamenti invisibili intessuti tra loro, in tutte le direzioni, li separano e li connettono gli uni agli altri.






Frasi sentite ovunque, comportamenti abituali, obitoriali del “vivere-comune”: comprare, consumare, ingurgitare, qualsiasi cosa, senza valore, guadagnare, accelerare, produrre, low-cost, viaggiare senza vedere. 
Cervello, scatola cubico-digitale intermittente, avviluppata in comunicazione uni-cellulare, flusso di immagine mediatica, interattiva in lavaggio mentale ripetuto; assimilazione non riuscita, coercizione non finita, "uno stato latente", il neutro, trovare una verità individuale, un modo di non prendersi troppo sul serio.

Parole precise o imprecise, ritagliate, "messe-a-morte", dettagli triviali in nylon, plastica, o carta da riciclo, ripetuti in infinito limitato , non guardare l'errore, l'orrore del quotidiano.

"I criteri della realtà si possono rifiutare, o forse non si possono rifiutare, e la follia allora è il margine, il lato, il fuori della realtà",     "o é la realtà qualche volta a essere folle?"

Rovesciamento del linguaggio, un dis-accordo è ancora possibile.

Strani modi di camminare al contrario, ubiquità, essere in tutti i luoghi, da nessuna parte precisamente. Obliquità: le idee si sfilano dai loro propri cardini, il linguaggio è ovunque, sfugge alla rappresentazione finita del soggetto. Obliquità: scegliere non la linea verticale o orizzontale ma quella che trancia, taglia tra le due, quella della “paura” diagonale", 
quella che cancella, tira una linea sopra e sbarra le altre, svia, si volge contro, prende il tragitto difficile, la strada occlusa, la linea senza ancoraggio certo dall’ altro capo. Diviene ubiquità. Sceglie d’essere dappertutto, 
di ramificarsi, espandersi a raggio, non a groviglio ma a labirinto, 
dando l’impressione di lasciare minuscoli punti sul cammino congiunti da un reticolo di linee appena tracciate _ camaleontico obliquo disseminato_ percorso in connessioni libere di scintille e punti neri nel reticolo-universo.











Esercizi di riscrittura (partendo dal testo di Leslie Kaplan, "Louise, elle est folle" , P.O.L edition, 2011)

(Immagini fotografiche dal sito di Chiharu Shiota, 2005/2011)





Penso che le parole non permettono di andare altre, di decollare, saltare, di compiere il salto dell'immaginazione; allora il dialogo scivola, deriva, dissipa costantemente, si consuma sulla scia della non- significanza.
E’ la posizione abituale del mondo ma anche quella dell'uno rispetto all'altro.

"Hai preso le mie parole,le hai rivoltate, svuotate, appiattite, tutte le parole che ti ho dato.
" Hai preso le mie parole e ne hai fatto non so cosa, dei teoremi, dei discorsi assurdi, dei mostri, dei blablabla, delle reti tese, delle trappole, delle gabbie martellanti,
delle ragnatele di fili appesi, ali catturate di farfalle,
dei reticoli di spilli in contrappunto. "

Si parla per dire qualcosa, per riempire il tempo, affogare la noia, avere la sensazione che qualcuno vi ascolti, un indirizzo, perfino quando si parla soli.

Hai la testa piena di pensieri ruminati, rigurgitati, masticati, pensieri che si disfano in filamenti bianchi, elastici e gommosi, s’annodano e poi s’arrestano in chiazze grandi e voraci.

Non sai più che cosa é morto o vivente, le parole cadute a terra, le insudici, le sporchi, le fai derivare."Vedo",dico , "che cosa c'é da vedere",rispondi, "d'avanti a te, guarda",
"nulla da vedere. Lasciar circolare."

" Prendi tutto, ingurgiti, assaggi, testi: lozioni, profumi, unguenti, medicinali, spray, pomate, rimedi omeopatici, anti-allergici, anti-batterici, anti-virali, medicine alternative, naturali,
tonici, idratanti, energizzanti, fluidi occulti, onnocui o nocivi, tutto quello che é a tua portata, non chiedi, prendi, sottrai discretamente, gentilmente, senza troppo pensare, non c'é alcuna ragione di "

Dici: "c' é troppa gente ovunque, il cielo é basso, la città é sporca, c'é troppa gente nelle strade, negli uffici, nei negozi, sui metro, nei supermercati”.
"Riporti tutto a te stesso, terribile riportare il senso d'ogni cosa a sé stessi, assolutamente egocentrico, semplicemente insopportabile."

La percezione, la nozione, cosa del corpo? l'esserci o non esserci

Le parole tacciano, si fermano, s'arrestano a un punto, potresti dire, qualcosa, che non conosci?

Chi ha contaminato, cominciato, convocato tutto questo? L' irradiazione nucleare, il pericolo di contagio attivo, il meccanismo reattivo, chi ha innescato il processo ?

Discendi, parti, derivi in tutte le direzioni, perfino quando dici la verità affabuli, tieni insieme pezzi, filamenti. Trattieni, tiri fili verso di te, fino a chiudere fessure, sostituire parti mancanti.

Manchi d'aria, di respiro; l'aria é viziata, urta, esplode nelle cellule celebrali,

dalle centrali nucleari attiva terremoti. Maremoti producono nuvole gassose, aeree, gravitanti a ondate, a masse, a flutti attraverso l'atmosfera . Si spostano rapide, invisibili attraverso i continenti da un giorno all'altro passano, ci sovrastano senza che ce ne rendiamo conto.

 Sulle nostre teste
fughe di particelle gassose, potenzialmente infiltrate di cellule cancerogene.

Il sole s’avvicina alla velocità della luce, nessuno sa nulla, dice nulla, troppo caldo, troppa gente.

il sole s’avvicina, gente ovunque. Si manca di spazio vitale, non c’è spazio.

Si manca d’aria, l’aria nei polmoni. La terra, non è solo il sole che gira intorno ad essa. L’aria diviene tossica, contaminata, velenosa_

un altro ordine del mondo è forse ancora possibile, non ancora trovato.

L’aria si decompone, dissipa, deteriora ai nostri piedi. Troppo caldo, lo sento, brucia, non solo nel silenzio.

Che qualcosa accada, un avvenimento, non essere solo a una dimensione,
senza ombra né margine, senza contorno né figura, nessuno spazio, poca luce quaggiù.
La prova che é poca cosa questo mondo,  l’invisibilità, l’accecamento.

Metti delle parole a caso, infatuazione, abnegazione, negazione, parole solo per dire il contrario,
il rovesciamento radicale, si puo’ ridere di tutto.
Carte rivoltate sulla tavola, cerchi quella giusta, l’asso di poker, ruba tutte le altre con una sola mossa. Non puoi fare senza parole, non puoi ridere, non l’hai detto, ti senti perseguitato,
 se è vero non è importante, prendi tutto sul serio,

te la prendi per nulla quando neanche il fango sotto le tue scarpe vale , la vita la morte tanto meno; perché gridi, sei ridicolo_ anti-ossidante, anti-caduta, anti-pellicolare, lozione anti-tutto, minuscola, senza importanza, anti-spasimo, tonico, anti-pensiero, anti-azione, violazione,giubilazione, anti-lamentazione.


“Le parole si direbbero vecchie scarpe bucate”, onomatopee senza senso, giochi di sonorità, miserabili rinvii.  Come? Trova una soluzione, attiva, inventiva, qualcosa al posto d’essere lamentevoli balbetti. Incespichi, inciampi sulle parole,
non é una soluzione, non è costruttivo,
non parli, non dici più nulla. Troppa luce qui, la luce ti acceca.


Le cose, i gesti, , le sensazioni saltano nello spazio, hanno un volume, assumono consistenza eppure scivolano via quando cerchi di afferrarle, di arrestarle. Salterellano, si ribellano;
dico una parola e tutto parte lontano, non riescono a chiudere il circolo, il limite della coerenza.  Dico una parola e si ripercuote, persegue, mi persegue, chiama al soccorso le altre,
si sdoppia, cambia senso, direzione, lì nell’impossibilità di tacere, non sapere cosa farne di quella parola che salta a un tratto fuori dalle linee.


Riconduci tutto a te stesso, sei mortale, devi sempre pensare, pesare, soppesare ogni cosa.

Versi, inversi, riversi due reagenti nello stesso recipiente, simultaneamente.
I liquidi salgono, scendono, si mischiano, quelli pesanti depositano al fondo, quelli oleosi fluttuano in acqua, producono nella reazione una nuova colorazione, né trasparente né netta, producono strane emanazioni di profumo dolciastro, glassato, nel tempo opprimente al respiro.
Quelli gassosi passano in aria, svaporano in una nuvola etereo-bluastra, in un blouabla di strane bollicine. Svaniscono, all’improvviso più niente. Osservi il fenomeno a distanza; lo contieni, lo contorni senza tentare di arrestarlo, comprometterlo nella sua serie di reazioni a catena.





lunedì 7 marzo 2011

Intorno a "Etere" ( proposizione di Christian Keller nel quadro di Nuovo Festival, Centro Pompidou)























































Rompere un meccanismo complesso in unità prime, le più piccole unità di senso, e ricomporle casualmente, volutamente in modo erroneo, irriflesso, insensato.
le rigature, le increspature, gli sbarramenti,

Macchina scrivente, self-assembling, montando, mettendo insieme automaticamente:


“A machine that would serve the production of disorder";


una macchina che servirebbe alla produzione voluta di disordine,

volgendo i propri codici al contrario, i caratteri incisi letteralmente dal basso verso l’alto e viceversa nel senso della frase.





“Literary automaton registering our changes of mood, despair, light, rage or illumination”




l’ automatismo d’una macchina scrivente registrando i nostri infimi cambiamenti di stato, d’umore, gli umori sottili del corpo e i loro spostamenti infinitesimali sotto la pelle, attraverso la linfa,

ondulazioni di campi magnetici, d’onde sensibili, emozionali e animali,



dalla dispersione alla disperazione, dall’annebbiamento alla luce.



Reazione contro il suolo pietrificato del paesaggio lunare, contro le procedure che installano ordine partendo dalla restrizione, il contenimento, la forzatura della leggi naturali,
le implosioni degli organismi viventi, le occlusioni imposte dalle leggi dagli uomini


le rigature, le increspature, gli sbarramenti,
le prese d’assedio, le cementificazioni.

I detriti, le scorie, le cellule deteriorate sempre più prodotte dalle macchine umane;

la natura riporta ogni cosa al proprio corso, alla soglia, all’altezza dell’umano.






Tale macchina produrrebbe artisticamente circuiti d’avanguardia, corto-circuiti contro le architetture infrante delle nostra disconnessa temporalità.
































































da Christian Keller, estratto video scelto intorno a "Aether"

Croazia, memorial Park

 Una costruzione metallica in forma esagonale si erge scintillante contro la luce, senza aperture, porte o finestre all’esterno. Appare come un santuario spaziale a cielo aperto fatta di materia rilucente, alluminio o lega metallica d’elementi freddi, senza riflesso per chi vi si trova all’interno . Tale memoriale in pieno deserto é  contornato da un paesaggio aspro di vegetazione spoglia, selvaggia.
Una striscia infuocata di luce rimbalza contro le sue forme ondulate e argentee.


Voci gridano parole incomprensibili, il rumore del loro eco in risposta. 

Il brusio della campagna sullo sfondo.

Il viaggio era stato breve ma il tempo era sembrato passare lentamente,  nell'immobilità d'un’eternità. Sapevano che stavano andando avanti ma il senso di guardare indietro li opprimeva, li tormentava.


"Scene da una vuota eredità".

"Solo una scusa per fare un viaggio. Pensi che avremo dovuto fermarci?"
"Non importa".


"Che cos’é questo luogo se non un edificio immenso, costruito in un posto inusuale, difficilmente raggiungibile?"

"Penso che possegga un grande messaggio."

"Assurdo."

"Sento qualcosa."

"E’perché lo vuoi."

"Se fosse vero lo vedremo, se fosse là lo sentiremo."

"Penso che dovremo cambiare l’uso, la funzione dell’edificio."

"Impossibile, questo luogo é sacro."

"l tempo era differente prima, tutto era diverso laggiù."

"Non riesco a riconoscere una singola cosa. E’ come se non ci fosse più Dio qui."

"Andiamo via, torneremo un’altra volta. Siamo Stanchi".













Mondi intermedi, il fluido emesso dagli esseri viventi, ogni oggetto produce un’ondulazione nel campo magnetico della terra, quintessenza, etere, elemento fluido che fa circolare tutti gli altri. Onde del passato restano accumulate nell’aria che respiriamo, imprigionate nella memoria cellulare, genetica e organica dei tessuti delle particelle che compongono il nostro corpo. La materia contiene un nodo di fuoco; materializzare queste onde, catturarle, captarle.

Esiste un’energia della terra, del cosmo che si può sfruttare, convertire, strappandola da quello che Nicola Tesla chiamava l’etere, il vuoto.
L’energia è ovunque intorno a noi, nel campo magnetico terrestre, ipotesi possibile o reale, riuscire a estrarla, sottrarla al vuoto riconvertendo la carica naturale dell'universo.

Etere, “quinto elemento” o vuoto-non-vuoto, insieme elemento e medium captato attraverso la luce, iscritto e fissato dalla visione fotografica a partire dal XX secolo.
Spazio intra-psichico di trasmissione energetica, per la maggior parte non cosciente.
E' definito “fluido” da Mesmer legato alle teorie del magnetismo animale, quella materia sottile teorizzata da Tesla la cui esistenza viene smentita fino alla fine del XIX secolo. Alla fine del XX secolo era anche conosciuta come quella sostanza anestetizzante a buon mercato utilizzata in campo artistico  per infrangere i limiti della realtà e della percezione, provocando stati alterati di coscienza simili a fenomeni quali l’estasi o  l’allucinazione.

“Siamo immersi in un mare d’energia come per un dono divino”; come estrarla dal vuoto quantistico? Come afferma Tesla, bisogna perturbare l’etere per trovare una risposta energetica al nulla apparente.


Immagini captate da “Aether”

Orion al microscopio: un drappo immateriale appena tangibile, la linea velata d’una marea disegnata da un’ondata grigiastra permeata da un nucleo luminoso.

Nebulosa d’Omega: una lettera dell’alfabeto greco, incandescente alla base,
una scia impalpabile sfumando a spirale fino a disperdersi nella galassia.

Fotografie di movimenti dell’aria all’inizio del ‘900 : venature bianche, astrazioni cellulari riprese dall’interno d’una goccia d’acqua, dentro il fuoco, la fiamma, la corteccia; il tessuto minerario d’una pietra in cristallo , un filo, uno stelo d’erba.

 Puri circuiti luminosi:  arbusti elettrizzati, serpentelli,   scintille al microscopio, carneficina o groviglio in atto, cespugli o alberi. 
Impronte d’alberi, scheletri d’animali illuminati,
fuochi attraversati da correnti,
corto-circuiti dei sensi, del pensiero.



Reti di fibre e tessuti sono visti al microscopio: movimenti d'onde, di fluidi aprono un passaggio tra i corpi, ammassi più che forme finite,
gocciole e scintille perlacee, irradianti, ora spente o incandescenti.


Fotogrammi di connessioni intercellulari si disegnano, percorsi molecolari,
la mente e le sue onde elettromagnetiche  


Il corpo umano é visto attraverso le sue correnti multiple, di tutte le consistenze: molli, solide, fredde, calde, opache o luminose, velenose o benefiche: mulinelli, ondate, flussi e riflussi, bassa marea, acqua a raso terra, raso della sabbia.


















L’acqua scivola lungo i muri, goccia a goccia, perlata condensa, densa, sgocciola, scintilla, ora discende attraverso la parete. Una goccia si aggiunge all'altra fino che all'improvviso non si forma una chiazza, una pozzanghera, un lago, un nodo d'acqua.





















Gocce si espandono, dilatazioni evocano forme  perturbanti, reazioni chimiche su carta da foto, rosso, blu,  macchie di liquido appena traslucido, macchie decolorate in blu metilene, in rosso mercurio.

Lo sguardo passa attraverso le pareti di vetro, lente aberrazioni ottiche appaiono, espansive, divorando il campo della visione.

Liquidiscenze: forme fatte scivolare le une nelle altre attraverso i loro contorni.
Pietre minerarie, lapislazzuli, verde smeraldo, bianco perlato. Ora appaiono graniti, vetro di cristallo in schegge, paesaggi lunari.



Turbine d’aria, fotografie del pensiero, etere scritto in impronte di materia di fuoco o d’acqua, immagine del movimento dei sensi.