“Spaesati paesaggi disegnati da spaesata memoria, memoria che strappa, cuce, risveglia, rilegge, reinventa, ripresenta, scava e allinea cose, persone, alberi, rocce, pietre, cieli, erba, attimi miei e degli uomini.”
Gli alberi
“L’albero tra forza e nutrimento dall’oscurità della terra silenziosa e
misteriosa.” E’ un “essere fisico” che irrompe in un esubero di rami,
foglie, chiome o semplicemente sta nella solidità della propria
corteccia-tronco, affondando nel sottosuolo le proprie millenarie radici; ma è
anche, per Daolio, un essere “metafisico” che esce dalla terra acquistando
corpo di uomo o di donna, forma fragile o robusta, genuina o artefatta sovrapponendosi
o innestandosi all’ umano. E’ infine “essere poetico” che crea visioni
fantasiose e pittoresche nella mente dell’artista e si imprime nello spazio
come sul foglio quale fonte di ispirazione primordiale per la sua arte.
Nella stessa sala vediamo nella
serie dei dipinti una chioma che diviene il volto di una donna, eterea e
silvestre come una dea su un tronco alato simile ad aquila. Appare poi un
tronco aperto come fosse l’involucro di una corteccia dove all’interno si
nasconde un torace d’uomo generato e nutrito dalla linfa stessa dell’albero
centenario, a sua immagine, mentre i suoi piedi si fondono con le radici
sommerse nella terra. L’uomo abbraccia la natura in questo ritorno essenziale e
inevitabile a un’idea di unità primordiale dove, in un altro disegno di Daolio,
il tronco prende le sembianze di una mano, quella della natura, che abbraccia
l’altra, completamente umana, e le radici dell’albero nutrono le radici
dell’uomo in una compenetrazione unica e profonda tra i due. Una sorta di unità
originaria e salvifica è così inconsciamente ristabilita tra l’uomo e la natura
che solo può prospettarsi come orizzonte salvifico per preservare le sorti
dell’umanità in questa sincronicità infranta tra uno e l’altro nel cosmo oggi.
Nella sala seguente un tronco si plasma nel corpo di una donna e la sua testa si delinea allusiva tra le radici là dove la figura femminile sembra fondersi in una vera e propria relazione amorosa con l’albero. Altrove, è una testa di donna su cui si intrecciano rami, cespugli, e alte chiome; infine il corpo femminile si distende sensualmente sulla terra e sulla sua schiena germoglia un cespuglio: nuova vita si crea all’apice di un simulato amplesso amoroso con la natura.
“Spaesata infinita malinconia per i paesaggi che non ho mai visto e che avrei tanto voluto vedere.” Spaesata rabbia per tutto ciò che ho conosciuto intatto o comunque originale, primordiale e che ora agonizza soffocato dall’ingordigia e dalla cupidigia.”
La visione poetica di Daolio è percorsa
dalla malinconia di paesaggi illusori o puramente immaginati dove metamorfosi
umane e non solo accadono su sfondi onirici e lunari. Altrove, in tanta parte
dei suoi disegni emerge il senso di un equilibrio perfetto evocato tra le forme
naturali e quelle umane, all’immagine di un “mondo della relazione” dove l’uomo
vede sé stesso come parte integrante di quell’unità fondamentale che è il
cosmo. Daolio convoca istintivamente questa visione inclusiva come unica via
percorribile, forse in risposta al grado di sempre maggiore scissione dell’uomo
sulla terra e dalle risorse che essa ci offre.
“Spaesata energia che mi spinge a cercare altri luoghi della nella
memoria, sentieri di cui conosco a malapena l’inizio, labirinti vegetali che
non lasciano filtrare il sole e freschi, umidi, ammorbidiscono, ingentiliscono
i miei pensieri negativi.”
Vediamo in questa serie di
disegni un grande occhio visionario alla base di una piramide misteriosa; una
caverna di citazione neoplatonica dove le ombre illusorie all’interno
impediscono di vedere oltre il velo della rappresentazione l’essenza della vera realtà che l’uomo
insegue come quel varco di luce accecante all’esterno . Ora la pittura assume i
simboli astrali del sole e della luna: un volto maschile scolpito e greve chiude
il circolo lunare del disegno in modo complementare ad esso. Un volto femminile
simile a divinità del sole ricompone i frammenti in unità e ritrova la propria
divinità oltre la frammentazione
dell’io. Infine è un bimbo che dorme accovacciato su un masso volto verso il cielo stellato, avvinto a una falce
lunare nella semi-oscurità cosmica intorno.
Per Daolio disegnare, infine, non è possedere uno stile e riaffermare un segno consolidato ma cercare, scavare nel grande e piccolo mistero delle cose, della memoria personale e collettiva spinti sempre da quella “sottile malattia, da quello strappo o desiderio che non trova mai guarigione” e che tanto più genera una “immensa passione creativa e costruttiva”. E’ in questa continuità delle forme della natura e di quelle umane che tutto scorre nella sua pittura e la linfa vitale degli alberi circola e irriga i corpi in una implicita sinergia tra tutte le forme viventi. Come i massi divengono umani e le rocce parlano, così il soffio vitale passa da un corpo all’altro, dall’uomo alla terra, dalle radici agli alberi e da questi agli astri in una visione cosmica dove tutto si compenetra e si ricollega in unità.