venerdì 26 agosto 2022

DAOLIO, “Il respiro della natura”, Palazzina D’Este, Ferrara









“Spaesati paesaggi disegnati da spaesata memoria, memoria che strappa, cuce, risveglia, rilegge, reinventa, ripresenta, scava e allinea cose, persone, alberi, rocce, pietre, cieli, erba, attimi miei e degli uomini.”

 E’ un mondo onirico, magico, fortemente evocativo e simbolico, certamente di suggestione surrealista quello si rivela e prende forma nelle opere dell’artista poliedrico Augusto Daolio, compositore e fondatore della band I Nomadi, nonché eccellente disegnatore e pittore contemporaneo;  i suoi dipinti e disegni dell’ultimo periodo_ perlopiù olii e chine colorate_ realizzate tra il 1973 e il 1992 sono attualmente esposti nella mostra ferrarese a lui dedicata a Palazzina Marfisa D’Este.  “ll respiro della natura”, dal titolo della retrospettiva, è per l’artista emiliano il respiro di ogni forma vivente, dagli alberi alle rocce, dalle pietre all’erba che germoglia, dal respiro dell’uomo a quello di ogni essere animato o cosa della natura soggetta a metamorfosi in quanto viva e per questo fonte di visione creativa. Così, nei suoi disegni il corpo dell’uomo si ricongiunge a quello degli alberi, una rigogliosa natura germoglia sulla testa degli umani e inusuali connubi, ibridazioni e innesti accadono con grande naturalezza dalle pietre ai corpi, dagli astri ai volti, infine dagli alberi alle figure umane. Il tutto perseguendo una forma di bellezza estetica, nell’insondabile mistero che il cosmo porta in sé e che come tale vuole essere messo in luce dall’artista Daolio.


 

Gli alberi

L’albero tra forza e nutrimento dall’oscurità della terra silenziosa e misteriosa.” E’ un “essere fisico” che irrompe in un esubero di rami, foglie, chiome o semplicemente sta nella solidità della propria corteccia-tronco, affondando nel sottosuolo le proprie millenarie radici; ma è anche, per Daolio, un essere “metafisico” che esce dalla terra acquistando corpo di uomo o di donna, forma fragile o robusta, genuina o artefatta sovrapponendosi o innestandosi all’ umano. E’ infine “essere poetico” che crea visioni fantasiose e pittoresche nella mente dell’artista e si imprime nello spazio come sul foglio quale fonte di ispirazione primordiale per la sua arte.

Nella stessa sala vediamo nella serie dei dipinti una chioma che diviene il volto di una donna, eterea e silvestre come una dea su un tronco alato simile ad aquila. Appare poi un tronco aperto come fosse l’involucro di una corteccia dove all’interno si nasconde un torace d’uomo generato e nutrito dalla linfa stessa dell’albero centenario, a sua immagine, mentre i suoi piedi si fondono con le radici sommerse nella terra. L’uomo abbraccia la natura in questo ritorno essenziale e inevitabile a un’idea di unità primordiale dove, in un altro disegno di Daolio, il tronco prende le sembianze di una mano, quella della natura, che abbraccia l’altra, completamente umana, e le radici dell’albero nutrono le radici dell’uomo in una compenetrazione unica e profonda tra i due. Una sorta di unità originaria e salvifica è così inconsciamente ristabilita tra l’uomo e la natura che solo può prospettarsi come orizzonte salvifico per preservare le sorti dell’umanità in questa sincronicità infranta tra uno e l’altro nel cosmo oggi.




 


Nella sala seguente un tronco si plasma nel corpo di una donna e la sua testa si delinea allusiva tra le radici là dove la figura femminile sembra fondersi in una vera e propria relazione amorosa con l’albero. Altrove, è una testa di donna su cui si intrecciano rami, cespugli, e alte chiome; infine il corpo femminile si distende sensualmente sulla terra e sulla sua schiena germoglia un cespuglio: nuova vita si crea all’apice di un simulato amplesso amoroso con la natura.

 



“Spaesata infinita malinconia per i paesaggi che non ho mai visto e che avrei tanto voluto vedere.” Spaesata rabbia per tutto ciò che ho conosciuto intatto o comunque originale, primordiale e che ora agonizza soffocato dall’ingordigia e dalla cupidigia.”


 

La visione poetica di Daolio è percorsa dalla malinconia di paesaggi illusori o puramente immaginati dove metamorfosi umane e non solo accadono su sfondi onirici e lunari. Altrove, in tanta parte dei suoi disegni emerge il senso di un equilibrio perfetto evocato tra le forme naturali e quelle umane, all’immagine di un “mondo della relazione” dove l’uomo vede sé stesso come parte integrante di quell’unità fondamentale che è il cosmo. Daolio convoca istintivamente questa visione inclusiva come unica via percorribile, forse in risposta al grado di sempre maggiore scissione dell’uomo sulla terra e dalle risorse che essa ci offre.

 

L’artista, al contrario, pone alla base dei suoi disegni un ascolto profondo, un’immersione inclusiva con tutto ciò che lo circonda, volendo abbandonandosi quasi agli odori della terra, dell’erba, della corteccia e degli alberi. E la pittura, come egli afferma “ scava dentro me per interrogare lo stupore, la meraviglia e il segreto”. 
Essa si ricongiunge a quella miriade di percezioni che una volta sedimentate nella memoria involontaria strappano e ricuciono la trama usuale dell’esperienza in una serie di visioni inedite, originali e assolutamente soggettive suggerite dalla mente inconscia, forse da una memoria primigenia oltre il tempo e lo spazio presenti.

 

“Spaesata energia che mi spinge a cercare altri luoghi della nella memoria, sentieri di cui conosco a malapena l’inizio, labirinti vegetali che non lasciano filtrare il sole e freschi, umidi, ammorbidiscono, ingentiliscono i miei pensieri negativi.”



 

Vediamo in questa serie di disegni un grande occhio visionario alla base di una piramide misteriosa; una caverna di citazione neoplatonica dove le ombre illusorie all’interno impediscono di vedere oltre il velo della rappresentazione  l’essenza della vera realtà che l’uomo insegue come quel varco di luce accecante all’esterno . Ora la pittura assume i simboli astrali del sole e della luna: un volto maschile scolpito e greve chiude il circolo lunare del disegno in modo complementare ad esso. Un volto femminile simile a divinità del sole ricompone i frammenti in unità e ritrova la propria divinità  oltre la frammentazione dell’io. Infine è un bimbo che dorme accovacciato su un masso  volto verso il cielo stellato, avvinto a una falce lunare nella semi-oscurità cosmica intorno.  


Per Daolio disegnare, infine, non è possedere uno stile  e riaffermare  un segno consolidato ma cercare, scavare nel grande e piccolo mistero delle cose, della memoria personale e collettiva spinti sempre da quella “sottile malattia, da quello strappo o desiderio che non trova mai guarigione” e che tanto più genera una “immensa passione creativa e costruttiva”. E’ in questa continuità delle forme della natura e di quelle umane che tutto scorre nella sua pittura e la linfa vitale degli alberi circola e irriga i corpi in una implicita sinergia tra tutte le forme viventi. Come i massi divengono umani e le rocce parlano, così il soffio vitale passa da un corpo all’altro, dall’uomo alla terra, dalle radici agli alberi e da questi agli astri in una visione cosmica dove tutto si compenetra e si ricollega in unità.