sabato 22 ottobre 2011

...Liberamente tratto da Marina Tsvetaeva







IMMAGINI DI:
1 Michelangelo Pistoletto  "Miroir", sito web: (siouxwire.com)
2 Pierre Ardouvin, "Infer"  sito web: (pierreardouvin.free.fr/)
3 Michelangelo Pistoletto,  sito web: (wanafoto.blogspot.com)
4 Michelangelo Pistoletto,  sito web: (geo.culture-en-limousin.fr)




TESTI SUGGERITI DA "La poesia della fine" e i carnet "Vivere nel fuoco" di Marina Tsvetaeva






Acciaio e ruggine, “ neri cieli d'oscuri presagi”, cittadini precipitandosi, esageratamente lancinante il grido della sirena fuori, simile a cane rabbioso. 

Rumore pieno di rabbia.
All’improvviso, “metà-corpo”, “quello che non é o a metà-corpo appena”, esageratamente e ancora, 
troppo vasto fuori.

Libero ritrovarsi nomadico, è la che ti conduce, la cosa o il suo riflesso, sono le parole che affollano la mente nel terrore, è la causa che crolla, questa parola, causa, grido di bambino perduto nella nebbia.

La mia febbre intima, “ qui ne brûle pas du fait de sa seule âme?”  chi non brucia al pensiero della sua sola anima? Allora vivere o il suo contrario, a chi imputare l’oltraggio violaceo della colpa?

Ora stai sul bordo. All’acqua come corpo di ghiaccio. All’acqua, superficie avvolgente, laminata, mineraria, di nere squame lucente, stai come corpo cieco dietro uno spesso muro di ghiaccio ,
tra i suoi lacci appeso.


Paura si, ma non del fiume, “la morte al fianco destro e sinistro” t’affonda.
La luce irradia d’un tratto. “Amore di carne e sangue, rosso del sangue che scorre”, e pianta lama a lama sotto l’occhio complice degli astanti.

“ Arco teso, corda”, filo che si spezza, accordo che si disfa, il disegno si perde. 
Lembi, pezzetti, corpi a metà fluttuanti ma della cosa ancora nessuna traccia,   ancora a qualche metro dalla fine,
qualche metro più in là.


In silenzio ascolta.
Volere è proprio del corpo, misterioso, inconoscibile, segreto, allora all’uno e all’altro, all’anima e al suo doppio, non chiedere la parola, ancora troppo presto.

“Dunque nessuna pena”, male-appena, in assenza di pena, si beve, si ride dei nostri errori d’erranti giocolieri. Calore di sangue che scorre, di liquido biliare che sale nelle vene, nessuna lacrima,
si parte, gli occhi attraversano.  “Denti piantati in piene labbra, il più acre nel più polposo”.



“Ultimo ponte, ultimo pedaggio”, l’acqua e i cieli, monete date, pagate per l’ultimo passaggio. 
 Non un rumore quando queste cadranno nell’abisso del nero fondo . E l’ombra che le ingoierà, le divorerà,

l’antro oscuro dell’inizio e della fine, fuori dal tempo, non é una mano tesa a stringerle, ma l’ombra senza riflesso, senza eco dell’indefinito. Semi di papavero l’uno all’altro sommati, messi a parte dal resto, silenziosamente aggiunti nel cumolo fino a raggiungere il prezzo tanto atteso per pagare il dazio.


Rossa é la vita venata sotto silenti impalcature.














Verbo, intuizione, intonazione, desiderio, sparire, rendersi invisibile, ostinata forsennata forza di vita, rotta non si piega, innata, a metà solo assopita, animale o spirituale,   alla ricerca di esasperata bellezza. Azioni banali, eccessive, incongrue qualche volta, malsane.
Deception en faute de noblesse, delusione in assenza di nobiltà, a noi prima che agli altri,  parole gettare fuori con nonchalance, con leggerezza...
Lasciare accadere senza troppo pensare, insouciance, legerté de l’être, hanno paura di tutto, temono sempre troppo, dire la verità, una qualsiasi verità, scomoda, fuori luogo, tutto quello che non accade,
 che non si dice, mascherarsi, non-vita, dissimulata, quasi-vita, vita a metà, l'altra metà che non conosco,
 le vite precedenti, anteriori, prossime, futuro-remote.

 Fardello, peso, colpa, eredità che mi pesa sulle spalle, incombe malgrado me stesso, moneta a pagare in lasso di tempo indeterminato, perché la gente si preoccupa troppo delle etichette, presentarsi con modo corretto, lucido, ben elucidato, tutto già confezionato, venduto, il venduto del sé, ben postato, appostato, messo in vetrina, in esposizione, in rete, messo in scena.

Presagi, non guardare quello che credi vedere, quello che vuoi, pensi, vovresti vedere,  diverse versioni dello stesso, tutte ugualmente possibili. Passaggi repentini di stato, passaggi aspri per strettoie ferenti, scintille di vita, che mai si spengano, un sapore acre sulle labbra ora dolce, simile a liquido di miele  dentro le vene che venga ad accarezzare, sciogliere, smussare gli angoli, gli spigoli, le punte. Sentirsi esistere, remoto interiore, ogni battito del nostro essere segreto.


Silenzi, momentanei, assoluti,”nulla mi spaventa tanto”,
“non vivo se non sento”, contropartita d’ogni“sentire assoluto”, chi ne é stato privato ha smesso di,
vivere con il tremore di tale stato.
Oblio di sé, l’istante trafitto, percé, trapassato, né domani né ieri, resta la sensazione d’una infinita, innata
solitudine.

Il corpo dell’altro, cortina di ghiaccio, muro, barriera, schermodi vetri rotti contro cui infrangere la propria immagine. Le mani strappano violentemente veli cosi’ brillanti da tutto.

“Tutto cade come una pelle e, sotto la pelle c’è la carne a vivo e poi il fuoco”, psiche, nessuna forma neanche quella troppo vasta della poesia.