lunedì 18 luglio 2016

Notes from Abadiania ( viaggiando attraverso l'America del Sud)











Il tramonto: è la prima cosa che ti colpisce, che vedi arrivando dall’aeroporto di Brasilia sull’autostrada per giungere al piccolo villaggio sperduto di Abadiania a un’ora e mezza circa dalla grande città. Basso, denso e pesante discende come un involucro greve, oscurante a vista e, tuttavia, irradiato dalle tonalità accese dei rossi e dei carmini, dei porpora e degli aranci frammiste all’argento del fondo. Striature blu e luminose frapposte alle tenebre precipitano rapidamente sulla terra fino a coprirla, avvilupparla della sua densa presenza. Niente a che vedere con i nostri cieli limpidi nelle sere d’estate tenui e avvolgenti dove lentamente il sole scivola via per lasciare venire prima la graduale assenza di luce, poi, lentamente la sera che fa capolino quasi controvoglia e senza che ci se ne renda conto mentre l’ultimo lembo di sole arancio è ancora visibile al fondo dell’orizzonte. Paesaggi immensi si distendono sotto quel cielo disceso pesantemente sulla terra del Goias, piane e colline quasi disabitate ricoperte di lussureggiante vegetazione. I cespugli, gli alberi e gli arbusti si stagliano nei loro contorni insidiosi e appena riconoscibili attraverso l’oscurità ormai discesa mentre percorriamo un’autostrada ritagliata dal nulla su quello sfondo disabitato. Illuminata solo dai fari delle auto nella notte incrociamo saltuarie stazioni di servizio, un centro commerciale, desolanti villaggi.






Ci si sveglia presto ad Abadiania fin dal primo giorno, il sole entra attraverso le grandi vetrate senza persiane delle porte-finestre dando sul patio, attraverso le tende beige e da quella luce mattinale non si può che essere risvegliati, sorpresi, stranamente incantati. Si insinua lentamente come un chiarore concentrato su un punto luminoso e irradiante che si leva all’orizzonte dietro le colline bluastre, ancora sbiadite e immerse nel tepore della semi-oscurità. Inesorabile sale sempre più e irradia, si espande, si impone come un fulcro luminoso che viene a rischiare e dare vita a tutta la terra intorno. Paesaggio popolato di presenze, porta in sé spiriti e segni divini ovunque quasi si manifesti come l’impronta silenziosa d’una forza spirituale immensa e onnipresente qui tangibile, a diretto contatto con l’umano fino a colmare l’aria, l’etere e il suolo delle sue impronte luminose e divine.





Passeggiata sulla terra di Goias, arbusti e natura vivente


Si parte la mattina presto poco prima del sorgere del sole per andare ad esplorare i paesaggi circostanti. All’alba ancora i colori non sono nitidi e le tonalità appaiono smorzate, sfumate come la mente di chi a metà tra il sonno e la veglia si trova ad avanzare, a vagare alla ricerca di un sentiero mentre il resto delle persone partite prima sono già scomparse all’orizzonte. Assenza di luce, torpore mattinale di un corpo ancora in parte assopito, il vento fresco e mattutino arriva a folate improvvise ancora privo del calore del giorno. La terra battuta del sentiero si infiltra attraverso i sandali aperti,granulare, polverosa come il cammino fatto di terra, pietre e sassi dispersi. Segui il sentiero: avanza, sale, poi svolta in una discesa improvvisa senza sapere esattamente dove ti porterà; segui il cammino passo a passo nell’incertezza, nell’apprensione imprevista del trovarti solo in mezzo a quelle vallate, nella speranza di incontrare qualche altro viandante mattutino, quando, d’un tratto, il chiarore mattinale come una luminosità pervasiva e tenue, diffusa dietro il profilo delle colline si affaccia mentre il sole, astro nascente sorge come presenza ineluttabile, invisibile e, insieme, ovunque manifesta. Promette salvezza, sembrerebbe, al solitario viaggiatore permeando la terra della sua aurea luminosa, impronta prima dell’anima universale. Allora i colori divengono nitidi, chiari d’un tratto, verdi, ocra, e terre riflesse nella trasparenza di sfere, ombre e cristalli di luce e tutto si rende visibile, leggibile anche il non-manifesto mentre il sentiero prosegue rossiccio, ocra e polveroso oltre il nostro sguardo, segretamente animato, sembra, dagli spiriti sacri che vivono lì tra quelle vallate. Le case del villaggio sono a distanza come un’apparizione vaga e incerta e i cespugli parlano la lingua segreta delle creature, i tronchi ritagliati e incisi portano la memoria secolare della loro permanenza, gli arbusti sono viventi e sussurrano parole incomprensibili attraverso il vento. Le ombre si impongono, i segni dell’invisibile divengono più presenti dell’umano, il mondo sottile si affaccia lì tra le linee per chi voglia essere attento ad ascoltarlo.




Terra rossa




Sgretola lungo i sentieri polverosi, calda e del colore avvolgente della madre terra d’Africa; il suolo sabbioso e rossiccio porta in sé il riflesso e il calore del sole basso all’orizzonte. Cristalli riflettono ovunque, ugualmente, nei negozi e nei bazar lungo la strada principale, nelle case e al’ingresso delle pousadas: grandi, piccoli, trasparenti, intagli di pietre semi-preziose o non levigate, cristalli di tutte le dimensioni e forme oppure della trasparenza verde o rosata dei quarzi, della vibrazione rossa del topazio, del giallo- arancio vitale dell´opalina, dell´agata ambrata e madreperlacea, infine nelle cavità chiuse, geodi dentro le quali coaguli o distese violacee d’ametista affiorano. Gli intagli dei quarzi si trasformano, poi, in pendenti di pietre opache e sfumate mosse dal vento, in croci, arbusti levigati, contorni piramidali vorticanti di energia, collane o bracciali decorativi, infine in rosari per il culto religioso.







Una strada si disegna in mezzo alla savana, al “cerrado” o alle vallate intorno, da un lato ricongiungendosi all’autostrada e al resto dell’abitato urbano, dall’altro al limite opposto, con la Casa spirituale di S.Ignazio, la casa bianca e blu di Abadiania: l’ingresso e la tenuta, il giardino meravigliosamente custodito con i suoi vialetti e aiuole, il patio esterno, la piccola cappella con le piramidi di energia mediatrice alle entità, i piccoli antri di ritiro solitario, gli angoli di profonda meditazione e preghiera.

Patio e giardino di giorno: è oasi di pace, calore del sole che viene a riscaldarvi dentro un corpo intorpidito sulla panchina, irrigidito da tutti i suoi mali. Lievi folate di vento portano con sé i messaggi dell’invisibile. Serena armonia di un giardino zen, pace insperata, inattesa al margine delle lamentazioni dell’essere. E' rigoglio di piante verdi, silenziosa e muta perfezione del ritrovarsi, interi, intatti, integri insieme al senso della propria perduta esistenza. Quiete insperata ai margini della tempesta ancora nei suoi lembi a trascinarvi. Quando volendo scappare siete indotti, gentilmente rapiti e obbligati a restare, in quella serena stasi dell’anima, qualche volta avvicinandovi allo stato di indolenza a metà tra la meditazione e il riposo, in quasi abbandono dal vostro io cogitante. 

Patio alla discesa della sera. Nel controluce d’ombra del tramonto mentre le nuvole gravano pesantemente sul cielo bluastro e argenteo, basso sulla terra, il patio appare nei suoi contorni esterni riconoscibili come architettura insieme al profilo dei visitatori sul fondale limpido e argenteo. E' contemplazione del divino attraverso l’anima della natura, un tutto cosmico risvegliato, vivente in spiriti e orbe di luce notturna, vortici di energia e lievi passaggi di brezza brumosa. Rendono i contorni liquidi all’orizzonte come la vastità d’una bassa marea contro il paesaggio collinare.

 La cascata

 Il sentiero discende come un valico dietro la Casa, la terra è arsa, polverosa mentre i cespugli del "Cerredo" appaiono rigogliosamente verdeggianti nelle mille sfumature ai lati.
All’ ingresso della zona sacra c'è un momento di stazionamento, di pausa e distacco dal precedente brusio della conversazione; un silenzio improvviso è imposto quasi lì d’un tratto dagli spiriti della natura, dalle entità benefiche della Casa e dalle forze sacre del luogo. Si entra in silenzio, quasi in punta di piedi, trattenendo il respiro mentre si percorre la banchina in legno. Rami d’alberi si intrecciano sopra la vostra testa a guisa di porta o soglia verso un rituale di passaggio, di purificazione o rinascita.

Secondo stazionamento: dopo essersi tolti i vestiti si discende ulteriormente verso la sorgente sacra. Il primo ponte è quello degli addii al passato, della cancellazione o lavaggio via di quello che era prima, nel secondo ponte si attraversa il qui e l’ora, il momento presente dell’accadimento, della trasformazione simile a un rito quasi di passaggio. Nel terzo ponte lo sguardo è volto verso un presente che si proietta già nell' a-venire di un prossimo compimento. Scivoli sulle pietre massicce e levigate dall’acqua vicino alla sorgente tenendoti alla barriera in legno; sei a un passo dalla sorgente, immergi le mani e le braccia sotto quell’acqua limpida, cristallina al primo contatto gelida, incredibilmente, inaspettatamente raggelante al tatto, poi d’un tratto come per una decisione improvvisa,  e con una determinazione decisiva e irreversibile immergi l`intera testa, i capelli, la nuca gridando al contatto; sei raggelato, stupido, graziato, risvegliato. Immergi ancora la testa con i capelli fino alle spalle e il viso, tutto il volto, una secchiata d’acqua gelida e cristallina, bevi e sputi, una due, tre volti, ti immergi ora braccia e gambe, tutti i punti del corpo dove senti il bisogno o la necessità di rigenerarti, lavarti, purificarti in una infinito processo di liberazione. Resti ancora sotto quel getto d’acqua con la sensazione ora che non sia più tanto fredda, ma invece semplicemente fresca, rigenerante, pura, proveniente dalle radici misteriose del sacro. Ne esci lavato, risvegliato, rianimato e insieme riempito di gratitudine e amore verso quel dono ricevuto, generosamente concesso dagli antri segreti dal mondo spirituale gravitante in quel luogo.



"Fogafogo Park and natural lake" (foto non possibili alla Cascata)


La domenica sera il villaggio è deserto, completamente svuotato, i negozi chiusi, la maggior parte dei visitatori partiti, il viale di ingresso della Casa solitamente colmo di persone vestite in bianco quasi vuoto. I pochi visitatori rimasti sono rifugiati dentro le loro pousadas; il cielo bluastro e grigio discende basso su di noi mentre il sole sta scomparendo in un angolo remoto dell’orizzonte e la notte cala d’un tratto senza che ce ne rendiamo conto. Una strana solitudine si impone allora, il senso d’essere perduti in mezzo a un nulla della savana o del deserto, d’un villaggio d’America latina smarrito chissà dove, di case sorte lì da un giorno all’altro precariamente e senza un motivo preciso. Eppure la sensazione non è angosciante ma lieve quanto i colori del cielo ancora rossiccio e caldo a quell’ora, dei sentieri e degli intonaci esterni delle case che riflettono nelle mille tonalità del blu pastello, giallo luce, viola indaco palpitante, arancio chiaro e verde brillante .




La Casa, la trasformazione, la via della guarigione










Venerdì è ultimo giorno di incontri alla Casa. La hall è stracolma di gente quel giorno in piedi in attesa, nel cortile esterno ugualmente una folla vestita in bianco. I primi arrivati sono seduti già in meditazione, altri non sono ancora completamente risvegliati, presenti, altri sono già in stato di abbandono consapevole, di preghiera o di interna sospensione, dallo spirito alla materia alla ricerca di connessione, contatto, unione con le forze di luce e di amore prevalenti nel luogo. Molti, soprattutto gli autoctoni brasiliani giunti in giornata per vedere il medium appaiono inquieti, ansiosi, in cerca forse di un intervento divino, d’una visibile trasformazione, d’una risposta, un aiuto o un semplice incoraggiamento. A lato della sala il volto d’un giovane Cristo profeta e mistico in ritiro nel paesaggio desertico presso il lago di Genesare fissa con i suoi occhi chiari della limpidità e trasparenza del creatore i visitatori; a braccia aperte vi accoglie con il suo sguardo puro, celestiale, vestito d'una tunica bianca e una stola rossa in postura meditativa. I volti delle entità di luce, dei santi o dei medici spirituali che si manifestano alla Casa sono giovani e viventi, dipinti nei colori puri del blu, del rosa o dell’ocra,“a plat” nei ritratti restituendo il senso di una spiritualità talmente presente, di forze divine sottili, invisibili che agiscono a diretto contatto con il piano dell’umano. Ci parla di un modo di vivere la religiosità, quella cristiana in primo luogo, fuori dal formalismo della chiesa ufficiale, qui vitale e immediata quanto impregnata di spiritualità e fuori da tanta ufficiosità della tradizione occidentale. Una giovane Vergine Maria dal volto puro, presente e animato in primo piano,  si impone al centro dipinta "à plat" nel ritratto. I suoi occhi vi parlano, la giovinezza e la freschezza dei suoi tratti in uno sguardo nuovo, umano, la sua divinità diretta al vostro sguardo.


Nella hall stracolma al mattino presto prima che inizino le operazioni alla Casa si intuisce un senso di attesa, di aspettativa, di una sospensione carica di speranze e domande inviate all’ alto: insieme un aspettare e un aspettarsi. Essere lì in ascolto di sé, in stato di svuotamento dal proprio ego onnipresente, di riconnessione al proprio centro e all’ alto, al sé profondo e nell’unità al divino in noi. Invocare la presenza di Cristo, di un Cristo giovane, umano, vicino all’ uomo e in diretta connessione a lui attraverso la parola del Figlio di Dio contro gli stati di smarrimento o perdizione del proprio corpo-spirito. Pregare intensamente di fronte a un volto dallo sguardo riempito d’amore e di luce, oppure chiudere gli occhi e raggiungere, nel tempo, quello stato meditativo di svuotamento e assenza di sé, di riconnessione a un sé più antico, più vasto e primo unito al tutto, infine di dialogo con le entità di amore e luce presenti nel luogo. Una corrente vibratoria si crea allora attraverso l’unione di tante singole energie meditative e spirituali nelle sale di meditazione in modo particolare per sostenere e far scorrere come una corrente di vita e d’amore il piano energetico e spirituale che sottendono le presenze benefiche alla Casa . Ha inizio la preghiera di apertura della giornata con un’invocazione al potere di Dio che solo guarisce mentre si ode la proclamazione: “Questa è una Casa di luce, di pace e d’amore, una Casa che lavora con l’energia della presenza divina universale che sana in noi non i sintomi ma le cause prime e profonde che li hanno generati fino a renderli malessere, dolore o malattia. Le persone arrivano qui con le loro richieste di aiuto, il loro carico di speranza o disperazione, la loro ricerca di fede o spiritualità. Entità d’amore e di luce benefiche all’umanità li assistono nel loro processo di evoluzione, cura, trasformazione o guarigione. Questo accade su diversi piani, a diversi livelli, profondamente nell’individuo, lentamente chiamando in causa o andando a ripristinare tutti i suoi strati dell’esistenza fisica, sensibile, mentale e spirituale fino a ricongiungersi con quella divina. E’ dentro quell’energia che tiene connesso e unito insieme tutto l’universo, presente nell’anima universale di ciascuno di noi, che risiede forse il segreto o il nodo della guarigione: noi creature e co- creatori insieme al divino e a sua immagine del senso e la forma della nostra esistenza sulla terra.