domenica 10 gennaio 2010

Sulla fotografia, Henry Cartier Bresson (I) ,( recentemente rivisto alla Maison de la Photographie a Parigi)














































Un carnet da disegno, fogli vuoti d’ una serie di schizzi a venire:  frammenti di linee affiorano e grandi vuoti, bianchi spazi d’attesa, di sospensione li interrompono.

Un elettrone  gira all’impazzata nella mente, un bacio caldo e sensuale,
la simulazione d'una forma aperta, in divenire, che sfugge, nonostante tutto, al nostro controllo. 


Il simulacro di un lavoro rifatto apparentemente identico a uno già esistente, eco di voci vi si sovrappongono scorrendo tacite al di sotto.

"Mémoire": dissertazione letteraria, stesura, compilazione di frammenti, raccolta di note,
lo specchio deformante dei miei sensi, i giochi d’una memoria multipla e sfuggente.


Da "The decisive moment", di Henry Cartier-Bresson

"il soggetto non consiste a collezionare fatti perché gli avvenimenti in sé stessi non significano nulla. L'importante é scegliere, cogliere il fatto vero rispetto alla realtà profonda".E' l'avvenimento per la sua funzione propria che provoca il ritmo organico delle forme. Quanto al modo di esprimersi, ci sono mille e una maniera di distillare quello che ci seduce. Lasciamo all'ineffabile tutta la sua freschezza.”

"Che cosa c'é di più fugace dell'espressione di un volto? Molto spesso la prima impressione che ci lascia é la più giusta e, se si arricchisce della conoscenza della persona é molto più difficile esprimere la natura complessa del soggetto nella misura in cui la conosciamo più profondamente”.





Di tutti i mezzi d'espressione la fotografia é forse il solo che fissi l’istante”. Abbiamo a che fare con la più effimera delle esperienze, cio’ che scompare impercettibilmente nel tempo di uno sguardo, nel passaggio tra una parola e il respiro che permette alla nuova di costituirsi, tra la fine di un atto e quello che già si prepara. Tale sospensione non sapremo definirla se non come "entre" , visibile nell'assenza, una volta che il momento decisivo è sfuggito, dileguato e quando non sarà più possibile tornare indietro, farla rivivere, identica, allo stesso modo. 

"L'eternità dura il tempo di un istante, di qui l'angoscia ma anche l'originalità essenziale del lavoro del fotografo". La memoria é molto importante, memoria di ogni singolo scatto o atto fotografico andando alla stessa velocità dell'avvenimento. Si deve essere sicuri che non si è lasciato nulla indietro, non buchi né zone d'ombra, zone di vacuità, che tutto è stato detto, preso, rivoltato come un guanto, scavato, assorbito e restituito fino in fondo perché non ci sarà, poi, una seconda possibilità, non si potrà tornare indietro, ripetere l'avvenimento, allo stesso modo .

"Il solo aspetto della fotografia che mi ha sempre interessato é il suo lato intuitivo, folgorante, classificato sotto il nome di réportage. Quando lo si pratica in pubblico, nell'anonimato, si diviene spesso simili a un borseggiatore o un equilibra”, sempre sul filo del rasoio, con un'attenzione particolare, vagamente dissimulata, mobile e costante, come si volesse rubare in una sola immagine, in uno squarcio o un dettaglio l'essenziale di una scena che si presenta. Quando si tratta di fare un ritratto, é la connivenza segreta con il modello che si stabilisce guidati dalla curiosità del "faccia a faccia”.

"Farsi dimenticare, lasciare spazio perché l’accidentale, il caso, l’eventuale venga a noi"; nulla sapere, decidere ma intuire. Lasciare affiorare quello che si svela in modo fugace, approfittando dell'istante in cui la persona, presa nel suo ambito, sarà di fronte alla macchina sola con sé stessa, contro sé stessa.
“Quasi scivolando impercettibilmente tra la pelle e l'abito” eclissarsi, scomparire, avere spesso voglia di dire: "non sono là, fate quello che volete, siate voi stessi".


“La fotografia per me non é un lavoro ma un piacere, difficile, complesso da raggiungere” che domanda un impegno totale, un abnegazione fino al punto di perdersi nel suo fare.
Nulla voler asserire ma semplicemente essere là come sensibilità, come sguardo e percezione, pronti a cogliere il momento nel tempo e nello spazio, la cosa quando si presenta irreversibile.
Nulla chiedere o attendersi, ma aspettare, assorbire e trasmutare,

Alchemicamente darsi come superfici riflettenti,
come fonti di luce, ricettacoli di immagini,
placche in vibrazione sensibile.









“La fotografia é, per me, riconoscere nella realtà di un ritmo di superfici, di linee e di valori. Una foto la si percepisce in un solo sguardo nella sua totalità come un quadro. La composizione vi compare come una coordinazione organica di elementi visivi”. Non accade gratuitamente, in assenza di una necessità allo stesso modo in cui non si può separare il fondo dalla forma o l'avvenimento significante nell'ordine dell'umano dalla geometria di linee e superfici epurate, ricondotte al culmine del loro potenziale estetico e visivo. Emerge una plasticità nuova nata da una composizione di linee istantanee con una sorta di intuizione prima, costante sulla vita perché “é nel movimento che la fotografia trova, infine, il proprio equilibrio espressivo”.


Cartier-Bresson

“Fare un ritratto è una cosa molto difficile forse la cosa più difficile; come "porre un punto interrogativo" lasciare una domanda aperta su qualcuno, designando uno spazio di definizione nell’atto del suo manifestarsi.

“Fotografare: trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà convergono per catturare una verità sfuggente: in quel momento la cattura dell’immagine è una grande gioia fisica e intellettuale.”
“ Alcune immagini assomigliano a un racconto di Checkov o a un
Romanzo di Maupassant: tutto accade molto rapidamente ma è come se un mondo s’aprisse all’interno, un intero universo vi si disegna.”

“…La possibilità in una frazione di secondo dimenticando sé stessi e il mondo intorno di registrare l’emozione procurata da un soggetto o dalla bellezza d’una forma, vale a dire, una geometria di sensi risvegliata da quello che si presenta."
“…Un’operazione immediata dei sensi e della mente", il mondo tradotto in termini visivi, in lacrime visive, silenziosamente affermando e cancellando una propria intrinseca verità.

Appassionati della visione e, per questo, cercando una sorta di invisibilità o ritrazione dal soggetto. restando in uno stato di ascolto costante, con un’attenzione vigile, fluttuante, mobile ma apparentemente dissimulata dietro la presunta oggettività dell’atto fotografico.

Sapere di avere a che fare con qualcosa di estremamente delicato, effimero, precario come l’immagine di una realtà sfuggente che cambia di secondo in secondo, soggetta alle alterazioni del tempo, all’impermanenza della materia, al divenire dell’esistenza nella continuità del ciclo vitale. Retrocede per permettere a un punto sensibile di iscriversi, quello che emerge in una trasparenza o neutralità dello sguardo.



Il Kairos della fotografia: quel momento decisivo dove le cose si rivelano per loro stesse, si organizzano secondo un ordinamento proprio insieme estetico ed etico. Trovano una giustificazione a esistere e tutto si riempie di senso, diviene, d’un tratto, giusto, significante, dettato da una vera necessità interiore.

“E' in uno stesso istante, riconoscere un fatto e un’organizzazione rigorosa di forme percepite esprimendolo visivamente”.
Fotografare per Cartier-Bresson: un modo di gridare, di gridare e tacere insieme, di liberarsi, non di provare o affermare qualcosa, non di asserire o negare una verità. Un modo di vivere, d’essere dentro il momento totalmente, d’investire lo spazio, d’abitarlo con la propria sensibilità fino a svelarne la geometria segreta di linee e forme dettate dall’umano.


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