La mostra fotografica “Women: a century of change” allestita dal National Geographic in collaborazione con i musei bolognesi presso Santa Maria della Vita e prevista fino al prossimo Maggio non è più visitabile a causa della chiusura tempestiva di tutti i luoghi pubblici e culturali per l’ epidemia devastante che sta colpendo il nostro paese insieme al resto d’Europa e del mondo. Ho avuto modo di vedere quelle fotografie pochi giorni prima che il decreto sancisse la chiusura definitiva di tutti i luoghi pubblici cittadini. Mi domandavo se avesse senso parlare di queste immagini ora di fronte ad emergenze molto più gravi, sanitarie e economiche del paese. Eppure, mi sembra che i nuclei tematici in cui è suddiviso il percorso, aprendo prospettive sulla rappresentazione del femminile nel tempo e nello spazio attraverso le diverse culture –un secolo di storia delle donne- abbiano ancora molto da dirci, oggi, di fronte all’emergenza che stiamo vivendo. Le immagini di queste donne infatti ruotano intorno ad espetti essenziali dell’esistenza che tanto più siamo chiamati a riconsiderare o attraverso i quali ripensare l’emergenza attuale: la forza come resilienza, la saggezza come discernimento di fronte all’inaspettato, l’amore come principio unificante tra gli individui infine la bellezza come baluardo contro la distruzione della nostra specie.
I: Empatia
L’amore nelle
sue differenti accezioni viene definito dal dizionario Treccani come
forza universale di riconnessione e
unione tra le anime, tra le persone e i luoghi, tra il divino e l’umano, tra il
sentire e l’agire individuale. Esso è ancora il desiderio di produrre un bene
comune, il bene dell’altro, poi l’ attrazione basata su un affetto o un
sentimento che unisce due persone, infine la vicenda o la passione amorosa.
Oggi, ritroviamo le nostre case come luoghi di rifugio e insieme di vita
concentrata in pochi metri quadrati di spazio ritagliati dall’esterno per prendere
le distanze dal mondo, per cautelarci e insieme prenderci cura dei nostri cari.
Iniziamo a osservarlo in un silenzio nuovo, e, tale lentezza dimenticata ci
riporta a un tempo del passato, lento e scandito da ritmi e mansioni quotidiane nel
quale oggi di nuovo ci troviamo a
vivere, costretti a fermarci e a restare.
L'amore in questo frangente estremo ritorna ad
essere empatia con l’altro pur nella distanza. Tracciare i confini di un
proprio spazio, intimo e invalicabile come la casa, e insieme vivere quest’empatia
o fratellanza con chi ci è prossimo affettivamente. Sentire gli altri vicino e
lontano insieme pur nella distanza, sulla base di un comune destino che ci tiene qui legati come
specie. Allora,
gli abbracci e i baci con i nostri
simili come la possibilità di stare vicino e condividere il contatto con gli
amici, i famigliari, i prossimi li riscopriremo, quando ci saranno concessi liberamente
dopo la pandemia come dono, unico e prezioso, di cui avere cura.
Riconnessione: il senso di appartenere tutti a una
stessa comunità, gruppo o umanità nonostante le differenze e separazioni; il senso dell’essere tutti insieme
a fronteggiare un male comune, nel tempo di una sospensione forzata e dolorosa dalla
frenesia abituale del mondo, dalla nostra corsa affannata. Infine, la percezione più chiara che mai ora della vita come destino oltre il qui e ora della terra.
Nella prima di queste foto del National Geographic l’amore è una madre che
stringe il figlioletto appena nato al petto in un abbraccio intimo e avvolgente.
Dentro la vasca di casa, in un bagno ricoperto di petali di rosa inebrianti che
avvolgono i corpi nudi nell’ acqua primordiale della nascita. In un’altra
fotografia una giovanissima afghana
abbraccia la sorellina di pochi anni il giorno del matrimonio al momento
del distacco o della forzata separazione dalla famiglia paterna. Abiti rossi
nuziali, decorazioni argentee scintillano nei primi piani sui volti; la
prossimità e la tenerezza dell’ultimo abbraccio prima del definitivo distacco.
Ad Aleppo, in Siria, nell’immagine successiva,
l’atmosfera di una serata danzante a un ricevimento di nozze appare, al contrario,
soffusa e sofisticata, intrisa di eleganza e mistero. La festa nel
vuoto scintillante in cui appare sembra sfidare i
quattro anni di assedio della città, gli scontri tra i ribelli e l’esercito
siriano e le rovine lasciate dalla guerra. La sala del palazzo appare sontuosa,
gli abiti da sera eleganti e avvolgenti fino ai piedi, le luci soffuse, l’atmosfera
ovattata, l’ombra della morte lasciata fuori mentre all’interno è il sogno ad
occhi aperti a dominare.
II:
Forza
Forza è sinonimo di
solidità, durezza e vigore, di un potere fisico ma anche mentale, oppure si
identifica con il concetto di autorità morale: l’attitudine a influenzare gli animi, a
controllarli e sottometterli a sé. In questo senso ci sono due aspetti che
riguardano la forza, quello più evidente è l’impeto o la violenza con cui essa
si manifesta, l’altro, più sottile, indica la capacità di superare le
difficoltà e gli impedimenti, vale a dire la forza interiore di pensiero e di
resistenza. La lotta tacita contro ogni forma di sopruso o violenza perpetuata
da un sistema o da una parte dominante su un’altra, che può anche identificarsi
come una forma di attivismo politico.
Resilienza oggi per noi significa, in questo
momento particolare di emergenza virale e in quanto cittadini appartenenti a una comunità, vivere l’isolamento forzato
nelle nostre abitazioni per lottare contro l’epidemia, vedendoci privare del
nostro tanto acclamato diritto occidentale alla libertà individuale e all’azione.
Per ovvi e giusti motivi di tutela delle nostre vite e di chi ci sta accanto.
Resistenza è riadattamento a queste nuove abitudini che ci vengono imposte, sentite spesso come
restrizioni alla nostra capacità di muoverci, lavorare e produrre in maniera proficua
a contatto con gli altri. La resilienza ancora oggi diventa necessità quando
dobbiamo lottare contro il clima di paura diffuso: il senso di un pericolo generalizzato
e globale, non ben localizzabile, l’ombra oscura di un contagio che si profila
sul mondo intero
Vediamo , di seguito invece, come si presenta la forza in queste fotografie; donne di provenienza e cultura differente, appaiono accomunate nell’affermare la propria libertà individuale contro situazioni di violenza e repressione domestica o familiare, politica o sociale nei propri paesi. Nella prima foto documentaria è il volto di una donna del Myanmar che fieramente mostra le proprie cicatrici su parti delle braccia e del viso causate da ustioni dell’esercito militare durante il regime.
Una seconda
foto: un' attrice afghana sfida le convenzioni millenarie del proprio paese alla
guida di un’auto a Kabul investita dagli insulti di un gruppo di estremisti islamici. Esplode in una risata dall’ interno della vettura alzando
il volume della musica contro il frastuono delle grida provenienti dall’esterno.
E’ l’assimilazione ai modelli maschili oppure la tacita
opposizione e resistenza ad essi quello che appare nelle due immagini che
seguono. Da una parte vediamo una recluta delle forze armate
in Tongo ricondotta alla sua pura forza fisica quasi abbrutente. Dall’altra,
una figura esile vestita con una camicetta bianca e una gonna scura è chiamata in giudizio dietro la gabbia di un tribunale militare kurdo. Il suo
volto appare orgoglioso e austero come una corazza inossidabile mentre viene condannata a reclusione per
lotta politica a favore del partito popolare. La forza, infine qui, diviene sinonimo
di tacito ammutinamento: resistenza operata nel quotidiano contro forme aperte
di sopruso e prevaricazione sul femminile.
III:
“Attraverso la lente”
“Milaya”
è un telo ricamato a mano con motivi fantasiosi e floreali espressione di gioia
e creatività. Queste donne africane lo dispiegano con fierezza di fronte alla macchina
fotografica in un campo profughi dell’Uganda. Mostrano all’obbiettivo l’oggetto
più prezioso che posseggono, ciò da cui non si sarebbero mai volute separare
lasciando quel campo e che gli avevano trasmesso le madri e le nonne insegnando loro a ricamare come dono per il futuro. Fuggite
dalla guerra continuavano a cucire quei tessuti dai motivi festosi, dai colori
di una straordinaria vivacità e brillantezza imparando così la lotta, la resistenza
tacita contro la violenza, infine un mezzo per guadagnarsi la loro sussistenza
economica. Cucivano insieme tasselli di speranza intrecciando i fili di un
ancora possibile futuro. Ricamavano disegni immaginari di abbondanza e
creatività contro il regno presente di
miseria e rovina.
IV: Speranza
Dalla definizione Traccani: aspettativa fiduciosa
nella realizzazione presente o futura di quanto si desidera. Fiducia
nell’avvenire, nella buona riuscita di qualcuno o di qualcosa.
Nell’immagine fotografica della mostra, una
schiera di donne mussulmane avvolte completamente dalla testa ai piedi in una
tunica e velo neri incidono di una traccia oscurante il territorio sabbioso che
le circonda mentre una piccola figura si staglia a lato vestita di bianco. Loro
avvolte dall’oscurità, cancellate nella loro identità femminile si ergono
contro questo piccolo barlume di speranza a lato luminoso come una visione per
le generazioni future.
Oggi le piazze, le strade delle città italiane
appaiono deserte, il silenzio a volte opprimente contro il cemento degli edifici, i
negozi dalle saracinesche sbarrate, le scie grigie, vuote e opache delle
strade desolanti. Questa cortina di ferro è discesa sulle nostre città a causa del
contagio, dei molti morti in alcune zone, della paura da un lato, della
manipolazione mediatica e delle leggi che ci impongono l’isolamento dall’altro. Dunque
in tale dimensione di fragilità e disorientamento oggi dove situare il concetto
di speranza? Da una parte sono molte le voci, religiose spirituali o
semplicemente umaniste che richiamano a valori di comunità, solidarietà, e
appartenenza comune ai quali non possiamo sottrarci. Dall’altro lato, si
affaccia molto chiara l’urgenza di un cambiamento planetario, intrinseco e
necessario per il sistema-mondo perché a
tutto questo venga posta una fine. E’
soltanto forse realizzando questo mutamento di prospettiva, oltre l’ossessione di
onnipotenza e possesso che ha
guidato l’uomo fino a questo momento nel
sistema occidentale che si potrà parlare di una evoluzione possibile per tale
crisi globale, l’accendersi di una fiammella di speranza dopo
l’oscurità. Oggi speranza va di paro passo con il superamento di questa
emergenza mondiale, con la necessità di reimpostare dei parametri planetari che
vadano dallo sfruttamento e l’ineguaglianza verso i valori di appartenenza
comune, di rispetto della terra, poi del sé come umanità in relazione all’ altro.
Finale:
saggezza
Saggezza: l’abilità a discernere interne qualità e relazioni. Coincide forse con una visione
interiore, con una conoscenza approfondita e autentica delle cose. E’ la
saggezza che ci rende atti a valutare le situazioni e a decidere perché deriva insieme
dall’esperienza, dalla meditazione e dalla coerenza morale. La saggezza al
femminile è sempre stata connessa alle forze della natura, come una specie di armonia
intuitiva con il cosmo, di innato sapere a contatto con la luce del nostro
essere interiore.
Immagini differenti come tanti riflessi colorati di un unico prisma ci parlano in queste immagini di saggezza come apprendimento nelle diverse scuole del mondo. In un’aula femminile dall’aspetto modesto in un villaggio pakistano_ le pareti nude e spoglie visibili sullo sfondo_ le giovani allieve appaiono avvolte da un velo grigio e opaco lungo fino ai piedi. I loro volti limpidi sono attenti, concentrati in primo piano, pronti a ricevere, accogliere e condividere conoscenza e curiosità oltre le barriere alienanti di segregazione e ignoranza cui sono soggette le donne in Pakistan. In Turchia, ancora, una classe solo maschile di bambini impara l’inglese da una volontaria del Corpo di Pace delle Nazioni Unite. La dedizione della giovane insegnante, la vivacità delle voci nell’aula, l’ entusiasmo e la saggezza volgono il luogo del conflitto etnico in una missione costruttiva di pace. Infine, nell’ultima immagine, bambine di un villaggio africano trasportano in maniera itinerante banchi e sedie da un luogo all’altro attraverso una strada rossa in terra battuta per dare vita a una scuola provvisoria sorta in angolo sperduto del suolo africano. Saggezza qui diventa adattamento, sopravvivenza, armonia necessaria da ristabilire con la natura, infine l’inevitabile lotta contro le barriere alienanti dell’ordine sociale esistente.
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