Lo scrittore- afferma la citazione in inizio libro “è un ragazzino che gioca in riva al mare e si diverte a trovare ogni tanto un sasso insolitamente liscio o una conchiglia più bella delle altre”. Il suo lavoro paziente è quello di raccogliere e tenere insieme, ciò che diventa scrittura, una collana ricucita di tante piccole perle semplici e rare come i singoli scorci di questo racconto sul litorale ravennate. E i capitoli de “Il lido del mosaico e ballo” si snodano come tante pietruzze raccolte, aggiunte l’una all’altra sul filo della documentazione storica e della memoria personale o di quella filtrata dalla passata generazione fino a ricostruire il quadro del Lido “Adriano”- nome evocato nel poema dantesco- con i luoghi balneari e turistici che ne hanno fatto il successo imprenditoriale . Traendo spunto da un certo filone della science- fiction moderna si viaggia nel tempo citando Einstein nel libro di Alessandra Maltoni e ci si sposta alla velocità della luce tra passato e presente attraverso una fittizia macchina del tempo perché: “la luce delle stelle che vediamo in cielo proviene dal passato”. Durante una riunione di famiglia e dopo un succulento banchetto natalizio nel cesenate la zia narratrice accompagnata dai nipoti su un soffice sofà bianco mosaicato viaggia alla ricerca di questa storia immaginata o ricostruita del piccolo lido ravennate e, insieme, metaforicamente verso un luogo della memoria riemersa a posteriori per frammenti e scorci dagli anni 60 all’oggi ; allo stesso modo dall’infanzia agli anni della giovinezza e ritorno al presente di Rosa.
Nel racconto, infatti, ogni luogo si struttura in una doppia forma, il volto documentario e il riflesso personale di chi lì ha impresso o lasciato la sua memoria. Tra i siti storici che vengono rivisitati sono il mitico bagno Arcobaleno e il suo imprenditore Cavallucci, i locali di Cà Pritona e Caà Vinona nel ricordo di un’affollatissima domenica pomeriggio e di un pranzo di comunione celebrato con cappelletti, formaggio molle e piadina. Se viale Virgilio e le vie del centro risuonano di nomi letterari illustri come di quello del fondatore, il nobile Chiericati, il Club Azzurra compare come scenario di tante cene e balli giovanili per l’ormai matura Rosa. Tornare indietro nel tempo per la narratrice significa sentire di nuovo risuonare la musica e il folklore nella balera all’aperto di Cà Pritona e vedere le coppie danzare strette in un valzer serrato la sera quando lei bambina osservava la scena dalla suo angolo privilegiato:
“ Vedo i nostri nonni danzare , l’agilità dei loro corpi, la freschezza del loro amore in una figura che mi ricorda un dipinto, il bacio di Klimt”. L’immagine del celeberrimo quadro del pittore austriaco fa da sfondo in controluce alla scena riemersa, l’abbraccio tenero e sensuale dei due amanti circondato e soffuso nell’oro dei mosaici ravennati poiché Klimt, attratto dalla loro bellezza, soggiornò nella cittadina lasciandosi ispirare dai suoi ori e riflessi brillanti.
Sulla linea di una certa letteratura contemporanea, George Perec sui temi di scrittura, oblio e memoria, ritorna nel racconto una riflessione sul senso del tempo e la ricostruzione del medesimo attraverso la fabulazione della scrittura: “ il tempo è trasformista, è come un camaleonte, cambia la pelle ai luoghi e alle persone” afferma la narratrice, se esso trasforma e cancella o meglio incide e volge in altro i volti e gli individui, allo stesso modo, “la macchina del tempo" qui vuole “rendere immortali i fondatori del piccolo Lido e rendere loro omaggio". Il altri termini la scrittura, o meglio, la ricostruzione fittizia e favolosa per frammenti della storia salva dalla distruzione del tempo e restituisce una versione possibile di quel passato in parte rivisitato con nostalgia e bellezza per poi tornare al volto realistico del presente.
Perché al di là dell’artificio letterario, dell’invenzione scientifica che fa viaggiare i personaggi nel tempo e riporta la storia al genere del fantasy o della science-fiction, al di là delle citazioni di formule appartenenti alla fisica della relatività di Einstein o al suo concetto di spazio-tempo, quello che emerge intensamente nel racconto della Maltoni è questa serie di quadri o meteoriti di memoria che come “madelaine” proustiane evocano ai luoghi e le immagini più belle dell’infanzia o della giovinezza dell’autrice . Così, nel corso di un aperitivo letterario invernale al Bar Jimmy a Lido d’Adriano una signora solitaria è accolta da una lunga tavolata di persone che degustano insieme un aperitivo mentre l’atmosfera diviene conviviale, i discorsi liberi e le emozioni scritte sui volti. L’autrice scrive a questo proposito: “sono le persone a rendere speciali e unici i luoghi ma bisogna avere occhi per vederli e cuori per amarli in silenzio” perché gli individui rendono immortali e importanti gli eventi e gli edifici iniziano solo allora a portarne un’anima.
Nel finale, attraverso un’ultima “madelaine” proustiana ricompaiono una serie di immagini a restituire il sentore del lido tra passato e presente : “ Sulla plage ricordo un gorilla sul tetto, nel viale Petrarca “briciole di piadina”, i pini di fronte gli stabilimenti balneari e bellissimi fiori di oleandri. Ritrovo l’oleandro, una pianta presente a Lido Adriano..è costituita da fiori bianchi e rosa, la rivedo di fronte al “free time”, fuori dal Club Azzurra alla rotonda".
E In questo “dilatare o restringere il tempo tra realtà e sogno” si girovaga piacevolmente sull’affascinante riviera romagnola attraverso il racconto di A. Maltoni e con i suoi mosaici, i sapori della sua cucina e l’impressione di aver “ascoltato una favola e visto in sogno il mare”.
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