domenica 12 luglio 2009

Riscrivendo alcune note di Pina Bausch







“Lottare per una zolletta di zucchero nel caffè, un polsino, un capello, un posto seduto a tavola, un dolce al cioccolato, qualche minuto di pace, vecchie fotografie di famiglia, un paio di scarpe nuove, una bicchiere tra amici, una pietra, un talismano, una caramella …”[2]

"Come hanno dissimulato, nascosto, detto; come sono stati sorpresi, sedotti, feriti da..."
come hanno reagito, agito, o non agito in assenza di_
com’erano allora_ tristi, felici incoscienti, ingenui,
come hanno riso, pianto, gridato, oppure come avrebbero voluto gridare in assenza di quel grido. L’emozione distaccata dalla piu'semplice origine, interrogata sotto diversi aspetti e in temporalità differenti può esprimersi, deformarsi o instaurare una dinamica complessa di movimenti. Non c’è significazione univoca ne conclusione narrativa prestabilita.

"Muoversi, muovere, commuovere, essere mossi"
Toccare oggetti, sfiorarsi il viso, adottare attitudini di fronte agli altri ,
Parlarsi soli.
Svestirsi lentamente su una scena mentre una voce si dispiega in lontananza;
essere questa nudità di fronte al mondo senza difese.

Fare faccia: rispondere restando immobili,
non avere nulla da dire, non voler dire, sentire il vuoto; immobili, aspettare l’inevitabile.
Non saper reagire, non poter reagire, restare.
Inciampare, cadere, rimettersi in piedi, ricominciare a cadere...
Camminare nel vuoto.

Sfiorare il mondo intorno con lo sguardo; prendere in mano oggetti che ci rassicurano Assumere attitudini di fronte agli altri.
Comunicare tacitamente con uno sguardo
Fissare la propria immagine, distogliere lo sguardo , fissarsi le mani ora
in un gesto di impotere e di rabbia.


Cercare ciò che si è perso: calore, prossimità, tenerezza. Non sapere cosa fare per farsi male, farsi amare. L’altro, l’estraneo, l’incomprensibile che ci abita.

Correre verso i muri, gettarsi contro, sbattervi contro.
Correre verso i muri, gettarsi contro, sanguinare.
Lasciarsi crollare a terra. Rialzarsi. Cadere e rialzarsi. Continuare..a cadere, a rialzarsi… a cadere.. a rialzarsi.

Riprodurre quello che si è visto; cercare dei modelli, non poter stare dentro quei modelli. Cercarsi tra i frammenti; tra i frammenti voler diventare uno.
Volersi fare male, fare male senza sapere.
Abbracciare qualcuno con lo sguardo. Andare verso l’altro.
Tendere le braccia verso l’altro nell’oscurità, nel silenzio. Cercare qualcuno nel vuoto. Aspettare. Non sapere cosa dire per_ riempire quel vuoto.

Tendere le braccia verso l'altro;
parlare a voce alta senza essere uditi, continuare a parlarsi soli;
perdersi dentro l’eco delle proprie parole.

Ritirarsi, ripiegarsi su sé stessi; fuggire, sfuggire, non volere restare.

Presentire un pericolo; volersi proteggere; ferire e proteggere insieme.
Ripararsi il volto tra le mani. Scappare, chiudere gli occhi. Non voler vedere.
Non fare nulla, non avere le forze per _ proseguire senza avere le forze per_
Andare verso l’altro. Sentirsi. Danzare insieme nell’oscurità.
Nell’immobilità danzare con i propri fantasmi.

Cercarsi; cercare qualcuno, cercare un modo per__ sottilmente aggirare l’ostacolo.

Darsi spazio: dare spazio per amare, sentire, essere.


Riprendendo un’immagine di Pina Bausch (Kontakthof)

"Un microfono si avvicina a uomini e donne seduti"; si inserisce, capta frammenti delle loro conversazioni, dei loro monologhi. “Tentativi di gente isolata di fare senso”[1], di imporsi contro l’instabilità di una situazione, di un’ immagine, di una visione fluttuante di sé o degli altri. Interrogazioni, dubbi, ricordi, esperienze del passato e del presente si intrecciano, si arrestano, riprendono sottraendosi spesso alla loro comprensione.

Il dubbio e l’incertezza ci spingono a cercare, a porre domande, a interrogare. Vado a cercare negli angoli bui, nei nascondigli inusuali, nelle pieghe degli abiti, nei risvolti dei vestiti, lì dove ci si urta spesso contro le proprie segrete cicatrici… Le immagini emergono, trovano connessione con quello che accade sulla scena anche se non hanno apparentemente nulla a che fare con essa. E’ come se creassero delle associazioni inconsapevoli, aprissero all’immaginario del gesto coreografico.
Aprire lo spazio della visione a delle immagini: aprire, lasciare spazio piuttosto che chiudere, definire, spiegare dentro un senso univoco.

"Un uomo e una donna entrano da due quinte opposte": si avvicinano, si guardano, si toccano lentamente, in silenzio si distanziano di nuovo. Sono distanti ma i volti obliquamente si sfiorano, poi sono frontali ma si toccano soltanto con una parte del loro volto. Non si guardano mai. Raramente si parlano. Allontanandosi hanno gli occhi aperti, avvicinandosi chiudono gli occhi. Poi al momento del contatto uno dei due cade a terra, a un tratto si sottrae, come privo di vita, esangue nelle mani dell’altro, poi risvegliandosi all’improvviso come scappasse. Scappano e ritornano ma hanno gli occhi chiusi e non si trovano; vagano nel buio di nuovo.
Ritornano, si affrontano, frontalmente con gli occhi chiusi, si scontrano, i volti cominciano a sanguinare; continuano, hanno gli occhi chiusi. Uno cerca di liberarsi dalla stretta dell’altro come legato da corde che gli impediscono di respirare, di parlare. Grido silenzioso, non trova parole: sono solo ansiti, respiri, i gesti diventano sempre più convulsi,incontrollati- corse, spasimi in lontananza- non sanno se per desiderio o per rabbia; la violenza di qualcosa che si libera a tratti come una marea che sale, che invade e porta, l’onda perpetua e poi la risacca, uguale e contraria che spinge indietro, verso la riva ancora.
Alla fine escono separatamente da due quinte opposte; qualcuno mette una musica malinconica su una scena rimasta vuota.


[1] Cfr. Pina Bausch, Histoires de théâtre dansé par Raimund Hoghe, L'Arche
[2] Ibid.,Hoghe

Nessun commento:

Posta un commento