lunedì 23 dicembre 2024

Tina Modotti , “photography”(a Palazzo Pallavicini a Bologna)






















“La fotografia può solo essere prodotta nel presente, è basata su ciò che esiste oggettivamente . Registra la vita in tutti i suoi aspetti come un documento intriso tuttavia di intelligenza e sensibilità.” Con tale inciso si presenta a noi il tracciato complesso di vita e d’arte, di impegno politico e ardore estetico della fotografa Tina Modotti, donna libera e anticonformista, artista e modella che insieme a Edward Weston e gli altri protagonisti dell’avanguardia messicana attraversa e segna la storia del novecento nel suo modernismo fotografico. Palazzo Pallavicini a Bologna le dedica una retrospettiva visitabile fino al prossimo 16 febbraio, un percorso espositivo articolato in varie sezioni tematiche che mostra al pubblico le diverse sfaccettature di una fotografa obbiettiva come volevano i modernisti ma estremamente intimista; dal puro intento estetico di inizio XX secolo l’immagine assume una dimensione più propriamente politica implicitamente intrisa di un’etica umana e sociale soggiacente.

  La Modotti, italiana d’origine, immigrata insieme alla famiglia negli stati Uniti per tentare la fortuna in America, approda a Los Angeles diciassettenne dove incontra e sposa il poeta Roubaix che la introduce al milieu artistico e intellettuale autoctono. Appassionata di fotografia entra presto in contatto con il fotografo americano Edward Weston con il quale inizia un’intensa relazione professionale e personale  che culminerà nel luglio del 1923 con il loro trasferimento in Messico, lei inizialmente nel ruolo di sua assistente e modella. Dunque, il periodo messicano vede l’incontro con l’avanguardia artistica del paese, tra cui Diego Rivera, Frida Khalo, gli intellettuali protagonisti della rivoluzione messicana in corso. Fondamentale l’incontro con Weston che persegue nel tempo anche dopo la fine della loro relazione personale attraverso un fitto scambio epistolare e la reciproca influenza a livello umano e artistico dando vita a uno dei capitoli più affascinanti della storia della fotografia nel XX secolo.










Tina comprende presto che la fotografia può divenire, oltre  la sua dimensione estetica insostituibile, uno strumento di indagine e denuncia sociale, contribuendo anche a mettere in luce la realtà attraverso le sue pieghe o i suoi risvolti più intimi là dove lo scatto resta, tuttavia sempre, una resa poetica, simbolica del reale. I ritratti, i volti si susseguono per esempio nel corso della produzione fotografica lasciando posto alla vicenda umana prima che all’oggettività fotografica pura. Tina fotografa per esempio sé stessa giovanissima nel frangente doloroso della perdita del compagno, il rivoluzionario cubano Antonio Mella. Fissa il suo volto in quel momento unico e irreversibile  stravolto dal dolore e dall’impronta oscura della morte, poi in un’ultima foto il volto assassinato di lui con l’intento di “conservarne una traccia”: nell’immobilità di un istante fissarne lì ancora la memoria,  sulla pellicola fotografica, per strapparlo dall’inevitabile oblio. Vediamo, di seguito, il ritratto della madre, degli amici artisti e personalità straordinarie  a lei prossime, di gente comune infine, dei grandi protagonisti della rivoluzione messicana parte della sua cerchia di conoscenze. La fotografia si vuole, secondo la Modotti, strumento poetico e politico insieme per non solo rivelare ma anche per intervenire sulle vicende del mondo ricomponendo la loro linea frammentata e interrotta entro una memoria condivisa.


 

Istantanee fotografiche

Sono i volti e i gesti quotidiani della gente comune che circonda Tina Modotti in Messico nella realtà a lei contemporanea per questa serie di istantanee, alcune straordinarie, scattate tra le donne di Tehuantepec. Lo sguardo rivolto a quel mondo  semplice, primario e vitale fatto di braccianti, bambini e soprattutto  donne nei villaggi messicani appare empatico, idealizzante oltre ogni riproduzione realista come fossimo di fronte a un luogo fuori  dal tempo e dallo spazio, anacronistico: una società immobile, avvolta da una certa bellezza da cui trarre ineguagliabile linfa vitale per la fotografa.

In una delle immagini della serie una donna di Tehuantepec porta con estrema dignità e fierezza  un vaso sulla testa dipinto a mano con frutta, fiori e altri motivi floreali derivanti dalla tradizione messicana. La blusa ricamata e la collana fanno presumere la sua appartenenza a una classe sociale elevata. Indossa l’abito tradizionale della regione segno di orgoglio e potere per le donne in questo villaggio di discendenza matriarcale. Il suo volto incarna una bellezza epurata e ideale sottratta dai segni della miseria, della fatica o dell’arretratezza di una presumibile tale condizione di vita. Mostra, al contrario, la fierezza di quello sguardo ma anche di quell’abito tradizionale che incarna la forza e l’indipendenza femminile a Tehuantepec. Modotti in quell’immagine riesce ad estrarre l’essenzialità di un singolo volto elevato a simbolo del femminile in un villaggio dominato da sole donne viste nella loro estrema dignità esistenziale.

Nella foto successiva quelle stesse donne lavano i panni nel fiume di Tehuantepec; le azioni del quotidiano insite nella propria realtà sociale oltre la semplice idealità estetica danno vita a un nuovo realismo poetico.  Lavare i panni al fiume, trasportare una brocca sulla testa, tenere un bambino tra le braccia mentre portano l’acqua , tutto ciò diviene parte di una composizione fotografica d’insieme attraverso dettagli visivi che narrano una nuova poetica del quotidiano.


Mefamorfosi

Le architetture e le visioni di oggetti o di altre forme della natura portate verso la loro massima essenzialità appaiono in alcuni scatti suggestivi della Modotti certamente per l’influenza della poetica modernista incarnata dalla personalità di Edward Weston. Tuttavia, nella fotografa tale filone si sposta sempre più verso una ricerca di equilibrio interiore che utilizza la forma come mezzo per veicolare la propria personalità e successivamente anche il riflesso di importanti tematiche sociali.


“Rose”



E’ la delicatezza di queste rose dischiuse e fiorite, riprese in primissimo piano nella foto in bianco e nero per cogliere la bellezza di un istante, fuggevole, transitorio come la vita: il momento in cui i boccioli si aprono a piena fioritura, espansi, qui pienamente fioriti e subito destinati ad appassire nella fugacità della loro bellezza. La messa a fuoco, precisa, diretta ed essenziale in primissimo piano esalta la naturale sensualità delle forme che si dispiegano nitide e assolute nel contrasto chiaroscurale in quella ricerca di idealità e astrazione che appartiene all’estetica moderna. Eppure, nell’immagine successiva della Modotti il fiore di una pianta simile  a un cactus espanso e modellato a forma umana si trasforma in una piccola mano capace di afferrare la vita ergendosi dal centro verso l’alto della pianta nel miracolo della primavera che sempre si ripete.     

“Mani”

Appaiono in primo piano, legate, immobilizzate da una morsa di legno e altri fili di acciaio nell’impossibilità di muoversi ma, anche, arse, consunte dalla durezza del lavoro quotidiano, infrante dalla miseria e dall’oppressione delle classi più umili come il loro dettaglio ci mostra in primissimo piano al centro dell’immagine. Compare qui il tema sociale passando dalla semplice ricerca estetica sul dettaglio ingrandito dell’oggetto alla denuncia sociale là dove tale scorcio fotografico su mani infrante dalla fatica e rese schiave dall’oppressione rinvia al tema politico di cui Tina si fa portavoce. Operai, donne e contadini alla ricerca di libertà rivendicano con forza i propri diritti come voleva la rivoluzione messicana di cui in alcune altre emblematiche immagini_ “chitarra, falce e cartucciera” per citarne una_ la fotografia della Modotti si rende strumento di propaganda politica.  


 Ritratti Immortali














La vita e l’arte in tutto il lavoro di Tina Modotti non possono essere scisse in alcun modo, dalle celebri fotografie in cui si presta come modella e musa ispiratrice per Edward Weston negli anni venti a quando, più tardi, vestendo i panni della fotografa continua a rappresentare sé stessa e la scena artistica e culturale del paese. Immortali restano, tutt’oggi, i nudi di Tina  scattati da Weston in Messico sulle spiagge dell’Azotea (1924) dove il fotografo conduce a sua massima espressione la ricerca formale di perfezione estetica, purezza espressiva ed essenzialità raggiunta attraverso il mezzo fotografico. Weston restituisce qui l’idealità di un corpo femminile disteso con le sue linee flessuose sulla spiaggia dell’Azotea, marcato da profondi chiaroscuri, illuminando di lei quell’aspetto misterioso di “sensualità velata di melanconia”, attraverso uno sguardo puro, sprovvisto di ogni volgarità. Tale perfezione ha reso queste fotografie ancora oggi immortali citando implicitamente  i nudi femminili di Modigliani o Monet.      



In una delle ultime immagini  della mostra vediamo una Tina Modotti molti anni più tardi a Mosca nel 1932 in uno scatto colto dal giovane rifugiato Angelo Masutti cui aveva ceduto la sua Leica. Ben distante ormai nel tempo e nello spazio dalla luminosa esperienza estetica messicana Tina appare qui, anni più tardi, in un nuovo ruolo politico nella piena consapevolezza di un vivere in tale ormai totale impegno ideologico a favore della libertà contro le persecuzioni politiche del suo paese. Da quel momento rinuncerà a fotografare lasciando tuttavia indelebile il suo nome scritto in una delle pagine  più importanti della storia fotografica del novecento.




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