“Revolutija” dal titolo della mostra al Mambo di Bologna, è lo spirito rivoluzionario che travolge e scuote nell’anno tumultuoso del 1917 una Russia millenaria e zarista nello sguardo di artisti d’eccezione come Kandinsky, Malevich, Chagall, Tatlin, Replin ecc. E’ ancora il fervore culturale, lo spirito della modernità, l’anima dell’avanguardia nei suoi diversi movimenti che tra il 1910 e il 1920 rinnovano profondamente il volto dell’arte attraverso un’ondata di creatività che come una ventata violenta e travolgente precorre il rovesciamento politico del paese, lo esalta e lo condivide. Da un punto di vista artistico assistiamo al concepimento di “forme creative che maturano attraverso i decenni” e si inseriscono pur nella loro diversità in quel progetto di rinnovamento estetico radicale delle avanguardie europee. Da un punto di vista politico la rivoluzione è il centro nodale e l’apice di un pensiero nuovo, marxista e leninista di ispirazione che sfocerà nel rovesciamento dell’ordine stabilito, nella fine di un mondo e l’inizio, brutale, incerto e imprevedibile di un altro per giungere più tardi alla sua involuzione totalitarista negli anni ‘30.
Nell’immagine d’apertura “che vastità” (1905)di Il’ja Repin in maniera quasi surreale due giovani appaiono sospesi in un turbinio d’onde in mezzo all’oceano; si lasciano trasportare, il cappello di lei svolazzante trattenuto a da una mano contro le ondate tempestose e il vorticare dell’aria marina, lui euforico con le braccia aperte e il torace portato verso l’avanti come per accogliere o sfidare le forze incontenibili dei mari e dei venti. Inebriati, quasi sospesi contro il vasto scrosciare delle onde nel moto tumultuoso dell’oceano appaiono quasi scivolare sulle acque visibilmente rapiti dall’entusiasmo per la ventata di nuova libertà. L’uragano spontaneo e travolgente come estasi ai sensi preannuncia un tempo nuovo, una scintilla accesa nell’oscurità, l’idea di un movimento sotterraneo se non emerso ancora , che come questi fiotti si approssima impossibile ad arrestare.
Repin, “17 ottobre 1905”
Volti vividi, realismo e passione, Repin coglie in questo grande affresco della classe liberare “il carnevale della rivoluzione russa pieno di follia, colori e beatitudine” mentre si festeggia l’alba di un nuovo secolo, agli albori di un moto del 1905 che sfocerà dodici anni più tardi nella rivoluzione d’ottobre. Una folla di volti di diverse età e provenienze, entusiasti e liberali, nobili o borghesi, studenti, operai e ufficiali cantano versi rivoluzionari in primo piano nell’affresco di una società in ebollizione che incarna euforicamente lo spirito del nuovo, irriverente e vitale alle porte.
I volti nitidi ed esuberanti appaiono rapiti un una sorta di estasi collettiva di cui il fervore politico permea l’ area e aleggia tra le linee, dietro gli sguardi, ovunque tacito attraverso la scena.
Valentin Serov, “Ida Rubinstein”(1910) e Vladimir Tatlin, “Modella” (1913)
Nuda, incorporea e spigolosa quasi allo sguardo Serov ne mostra il corpo esile e sottile nella colorazione atona e opaca del profilo grigio-mercurio contro il blu aspro e ascetico del fondo. Il contorno stagliato in rilievo sulla piattezza della figura ricorda la linea netta e
essenziale di Matisse, eppure lo sguardo è vivo intenso ed abitato di una reale presenza, gli occhi da “leonessa ferita” come li definisce Serov, restituiscono un’immagine drammatica e veritiera della giovane danzatrice di inizio secolo agli antipodi dell’arte popolare e colorista della tradizione russa. In Tatlin, al contrario, lo sfondo è rosso, denso e corposo , la donna è massa, volumetria mostrata in primissimo piano attraverso la scomposizione cubista in forme possenti, astratte e geometriche. La figura appare tridimensionale quasi in un approccio analitico e cubista delle forme eppure esaltata una carnalità quasi primordiale tipica dell’anima più popolare russa.
Natan Al'tman: “Anna Achmatova”
Il ritratto della grande poetessa russa in primo piano percepita sullo sfondo di un paesaggio trasformato in cristalli luccicanti di ghiaccio.
Un abito blu-diamante raffinato e
sobrio si staglia su un volto dagli occhi azzurro-cristallini, leggermente di
ghiaccio. L’immancabile frangetta nera fino al margine delle sopracciglia, incornicia
il profilo della figura aristocratica e longilinea avvolta da un ampio scialle
giallo-brillante. Cristalli lucenti scomposti in forme cubiste appaiono ai
vetri mentre il suo sguardo riservato e distante resta fissato lontano oltre la linea
dell’orizzonte quasi sfuggendo a noi spettatori. Un vetro di ghiaccio
scomposto separa lei da noi, la donna dal resto del mondo, gli spettatori dalla
figura in una sorta di glaciazione esterna e insieme interna prigionia
dei sensi. L’immagine o paesaggio interiore è già là delineato in diamanti opachi che
non rinviano luce , nel blu e nel giallo
in contrasto assoluto, negli angoli taglienti del volto per una posa statica e
quasi fotografica. Intenso il senso di
distacco della donna; guarda oltre la linea frammentata dell'orizzonte lontano da
noi mentre un senso di inquietudine o inspiegabile sospensione traspare da quel volto
malinconico, forse in attesa oltre il limite del suo
presente oppure nel presagio di un a-venire oscuro quanto il corso della storia
che si preannuncia.
Avanguardia: suprematismo, rivoluzione e la nuova arte
Per lo scrittore e critico Andrej
Belyj : “ Non è possibile prendere la rivoluzione come semplice soggetto
nell’epoca in cui sta avvenendo. E' prima di tutto “un atto di
concezione di forme creative che maturano nel corso dei decenni”. Tale ondata
di creatività della nuova arte detta Avanguardia nei vari movimenti in cui sarà
veicolata esprime in primo luogo questo impeto rivoluzionario come il desiderio di
vedere il mondo “con un volto nuovo” , e creare una forma per
rapportarsi ad esso e un linguaggio nuovo per l’arte_ ciò che la accomuna a
tutta l’arte moderna europea_ ma qui in particolare con quella forza violenta e
sovversiva che ridisegnerà esplosa,il corso della storia russa.
Suprematismo per Malevich
significa uscire dalle arti figurative verso una nuova non-oggettività, il
“quadrato nero” vittoria sul vecchio simbolo rosso del sole, esprime la
necessità di rifondare un linguaggio partendo dallo “zero delle forme, quel
nulla da cui ha inizio il nuovo”. Il colore,
la forma, il geometrismo delle proporzioni divengono l’alfabeto di questo nuovo
linguaggio, i soli elementi attraverso cui si esprime l’arte che interpreta il
mondo in una non-oggettività.
“Quadrato rosso” è giustamente
questa immagine-segno squadrata ed essenziale che in una appena percettibile asimmetria
si inserisce sul fondo bianco per esprimere un’essenza sovra-personale
dell’arte. Le costruzioni suprematiste di Malevich, allo stesso modo, si
dispiegano attraverso la proporzione di forme geometriche e variazioni cromatiche
sullo spazio bianco del fondo per incarnare “l’infinità dell’universo”. In Olga
Rozanova, differentemente, la composizione “non-oggettiva” del reale si
trasforma in una “scrittura a colori” essenziale che esalta il lato sensuale,
caldo e primitivo dell’esistenza nella forza vibrante e complementare dei
gialli, dei blu e degli aranci.
Kandinsky
Nelle sue tele astratte definite
dal medesimo impressioni o improvvisazioni pittoriche rinuncia al geometrismo
delle forme così come a ogni rappresentazione realista per ricreare attraverso
il colore, il ritmo e la linea le forze primarie, emozionali e vibratorie che
pervadono l’universo e danno voce allo Spirituale
dell' arte secondo la sua teoria dei colori. L’arte per Kandinsky è pura
necessità di espressione interiore, non limitata dalle sembianze della natura,
dunque astratta per eccellenza. Una
pittura non figurativa liberata dell’oggetto e dalla mimesi del reale darà
corpo e vita alla vera realtà spirituale nell’arte secondo Kandinsky.
Come una musica sinfonica, la linea improvvisa
di una tonalità, un umore, un’atmosfera sonora e visiva si impone, qui in un
turbinio irrefrenabile di forme oscure che fanno presagire la minaccia e l’angoscia della transizione da
un ordine crollato a uno ancora a venire. Ci sono ombre che si profilano
minacciose sulla tela, spigoli acuminati
che continuano a comparire, le striature del nero e occhi serrati puntati contro,
infine un oscurarsi generale della prospettiva probabilmente specchio delle
inquietudini, speranze e angosce riflesse dalla transizione storica.
“ Sul bianco” (1920)
Sinfonia del bianco, simbolo di
un universo dal quale tutti gli altri colori sono scomparsi come materia e
sostanza. Un mondo al di sopra di tutti i suoni, di tutte le voci e lo stridere
di rumori dal quale proviene un grande silenzio immenso e sconfinato ma non
immobile, al contrario carico del battito tacito di un grande cuore al centro, sinfonia
di tonalità tenui e complementari colma di tutte le sfumature possibili. Il colore bianco risuona come una sinfonia
perfetta di suoni dove ogni nota troverebbe un proprio posto d’eccezione, con
le pause in mezzo e le sospensioni, gli arresti e le riprese o le virate
improvvise delle linee a dare un tempo ritmico, melodico e musicale alla composizione. Un silenzio che potrebbe
essere “improvvisamente compreso” nelle
parole di Kandinsky.
Il "bianco" della tela ancora, è sottotitolato “what we see”, quello che possiamo vedere, sentire e tocccare, respirare o assaporare: bianchezza di forme, una musica
lieve , la scintillante e chiara luce del giorno, lo splendore di una sinfonia che
ricompone in sè tutti gli altri elementi in un'armoniosa e assoluta perfezione .
Bianchezza: un cuore che batte,
una grande festa delle forme, una grande danza della vita.
Sinossi del bianco, bianco mare
dove pensieri di luce fluttuano in colori scintillanti e leggeri. Un mondo di
corrispondenze in pallido blu, tenue verde, lucente arancio.
“La rivoluzione scuote”, scrive
Chagall, “con tutta la sua forza, si impadronisce della personalità del
singolo, del suo essere. Trabocca dai confini dell’immaginazione e irrompe nel
mondo delle immagini che diventano a loro volta parte della rivoluzione”, eco e
sostanza del suo spirito.
Una serie di opere pittoriche di
questo periodo rappresenta il ritratto di Marc con la giovane moglie Bella in
alcuni tra i quadri più lieti e gioiosi della sua produzione. Il motivo del
volo, ugualmente, è l'incarnazione più viva e spontanea del gesto degli
innamorati cui la terra non basta più, che prendono il volo e si lasciano
letteralmente trasportare , si sollevano in aria fluttuando nell’ebbrezza
leggera e gioiosa, nell’esaltazione inebriante del loro sentire come di una
forza immensa d’amore che trasforma il
mondo e cambia le tonalità, l'aspetto delle cose intorno a loro.
Lo spirito di libertà, di gioia
di vivere rispetto alla maggior parte delle tele pessimiste e astratte del
periodo trapela, inoltre, coma la speranza forse idealizzata da Chagall in un
nuovo avvenire dopo la distruzione del passato zarista e nel suo punto di svolta più radicale. Tale
libertà l’artista ebreo-russo esule in Europa a Parigi e poi ancora a Mosca la
ritrova in primo luogo sulla tela dando vita a questa “città invisibile”
ricreata dalla sua immaginazione, un luogo appunto dove le figure si sollevano
in volo, si rincorrono l’un l’altra nel sogno e le costruzioni si tingono di
verde o di diamante, dove i cieli divengono argentei e le strade rosa, dove
nella complementarietà dei due amanti l'uno si solleva da terra e trascina
l’altra in volo sui cieli della città irreale. Il paesaggio si tinge dei
colori dell’amore, del trionfo della libertà, della celebrazione della fantasia
come forza travolgente e rivoluzionaria, tale la potenza e lo spirito della
storia in atto.
Nel sogno di questa rivoluzione
non ci sono spargimenti di sangue nè ombre di morte ma l’idillio di un
paesaggio e di uno spirito rivoluzionario che trionfa di fronte ai nostri occhi
e dà vigore alle ali del sogno di Chagall.
Filonov, “Fiori della fioritura universale”
Filonov, “Fiori della fioritura universale”
Le scintille accese dalla
rivoluzione sono questa esplosione caleidoscopica di colori in guizzi e
pennellate brillanti, in frammenti vivi e sfaccettature esplose nella visione cubo-futurista
di Serov che si lascia alle spalle il mondo dopo la prima guerra mondiale
devastato da morte e distruzione nella tela
de “Il banchetto dei re”. La rivoluzione come evento di rottura è qui un’esplosione luminosa di infinite sfaccettature di realtà, un proliferare
di vita, del fervore del mondo, uno spirito utopico e chiaramente idealizzante dell’ondata di energia violenta, vitale e distruttiva che spazza via come un
turbine improvviso il precedente regime promettendo vitalità,
movimento e uguaglianza delle masse contro la società zarista di secoli di repressione. Vento
di un vorticare colorato e tempestoso che come un turbinio
di vita, una voragine di correnti centripete e volteggianti rovescia e insieme pre-annuncia un'utopia idealizzante del futuro.
Nessun commento:
Posta un commento