Gli
estratti dei film d’Anri Sala intrecciati l'uno all'altro in
risonanza su diversi schermi nella galleria sud del Centro Pompidou
creano un circuito visivo ininterrotto di circa un'ora intorno al
quale il visitatore é invitato ad avanzare, a spostarsi attraverso
le proiezioni video, a tracciare di per sé stesso un proprio
percorso coreografico in uno spazio fisico che diviene immediatamente
spazio simbolico, costruito dalla linea di composizione musicale del
lavoro come una vera e propria sinfonia nello spazio. Molteplici modi
d’essere insieme musicalmente si intrecciano qui: quello dei
visitatori lasciati muoversi liberamente nell’oscurità, quello dei
passanti che fiancheggiano dall’esterno la parete trasparente della
galleria, le persone che camminano sui video attraverso le città in
differenti luoghi della terra.
Il
montaggio d’immagine diviene una partitura sonora condotta dal filo
teso della composizione musicale soggiacente con i suoi intervalli di
silenzio, rumore e suono, interpolazione o sospensione del medesimo
in pause e riprese intempestive.
"Suono
e musica non funzionano separatamente ne come sottofondo all'immagine
video ma agiscono in sinergia con essa come qualcosa che si instaura,
portante, presente, in divenire. Il mio interesse per la musica
risiede nell'istante in cui essa prende forma",
quando
il
respiro del musicista si trasforma o si traduce in una serie di note,
partitura ritmica, frase musicale, eco e risonanza.
I
video divengono a loro volta, come li definisce Sala, “strumenti
musicali” con una loro propria melodia. Suono e musica non
raccontano storie ma piuttosto l'impatto emozionale che una certa
realtà genera sull'interiorità di un personaggio, contrappunto
alle architetture fisiche e mentali che incontra nel suo passaggio
attraverso la città. La musica entra nel corpo come avvenimento,
attraverso il gesto,
nel modo in cui questo la assimila, se ne lascia impregnare, trattiene in sé il suo lascito ritmico, la sua memoria semplicemente in un modo d’essere, di muoversi nello spazio . Nei suoi ansiti, nei suoi respiri, la musica entra in risonanza con un corpo, produce a sua volta un impatto sulla realtà, si espande, risuona, rispetto a un luogo o una situazione, in risposta a un'architettura, in connessione alla sua più intima ragione d'essere, nella sua atmosfera interiore.
nel modo in cui questo la assimila, se ne lascia impregnare, trattiene in sé il suo lascito ritmico, la sua memoria semplicemente in un modo d’essere, di muoversi nello spazio . Nei suoi ansiti, nei suoi respiri, la musica entra in risonanza con un corpo, produce a sua volta un impatto sulla realtà, si espande, risuona, rispetto a un luogo o una situazione, in risposta a un'architettura, in connessione alla sua più intima ragione d'essere, nella sua atmosfera interiore.
Alberi, rami secchi, immobilità sullo sfondo d’una Sarajevo invernale, sensazione diffusa di gelo, di congelamento come d'una patina bianca e invisibile, deposta su ogni cosa intorno, le strade come le case, la pelle esangue della città come l'aspetto opaco, incolore dei volti. Uno spesso strato di nebbia li investe fino a soffocarli invisibilmente.
La
città
sotto assedio.
Sala
di concerto vuota immersa nell'oscurità vista in un controluce
tagliente d'ombre gettate sulle sedie dei musicisti assenti in forte
contrasto con la luminosità diffusa proveniente dalla vetrata di
fondo.
Gruppo
di individui in attesa di fronte a un cancello in
ferro battuto.
Scarpe
nere, falde di cappotti pesanti di feltro, uomini e donne vestiti in
nero,
piedi,
gambe che camminano lungo una strada gelata poi, in attesa di fronte
a una griglia chiusa.
Marciapiedi
visti attraverso l' immobilità glaciale delle prime ore del mattino.
Uno
sparo improvviso. Arresto d' immobilità.
Qualcuno
corre via attraversando rapidamente la strada. Muri in
pietra grezza; uno dopo l'altro escono dalla fila e scappano via,
rapidamente dileguando come ombre in silenzio.
Vetri
rotti, frammenti di vetro al suolo, camminare su schegge, briciole di
frammenti, di polvere di vetro per strada. L'immagine ritorno
all'esterno, il viso d'una giovane donna appare in primo piano, poi
la sua figura in nero avanza sullo sfondo grigiastro, anonimo di
grattaceli in cemento, di palazzi di vetro massicci, squadrati
dell'epoca comunista e strade che proseguono all'infinito identiche a
loro stesse su selciati perdendosi nel grigiore dell'asfalto
divorante del fondo.
Crocevia
di strade, linee grigie di tram disegnate sul cemento si incrociano
al suolo circolarmente per proseguire verso altre direzioni. Primo
piano sul viso della ragazza. Volto pallido, d'una bianchezza
assoluta nei tratti marcati, incisi in forti chiaroscuri che si
scavano intorno agli occhi, nell'ossatura sporgente degli zigomi
attraverso le linee ossose del viso, fino a discendere dalle labbra
alla linea del mento. La cinepresa segue la sua figura finemente
delineata, sottile, avvolta da un cappotto nero che ne serra la vita
e ne disegna il contorno in contrasto con il pallore del volto.
“Travelling” cinematografico attraverso le strade deserte della città.
Cammina su un'immensa distesa bianca di ghiaccio contro uno sfondo immobile di gesso,
la
parete bianca d'un muro esterno d' edificio il cui spessore non
lascia intravvedere altro scorcio che esso stessa, oltre il proprio
orizzonte, incolore.
Prosegue,
attraversa la strada, s'arresta un momento. L'ansito del suo respiro.
Uno
sparo s'ode in lontananza.
La musica della sesta sinfonia di Tchaikosky si interrompe, riprende sullo sfondo. Una cesura netta, un taglio netto dell’ immagine dalla sala di concerto ci riporta all'esterno, alla strada grigia. La ragazza é inquadrata di spalle, poi la camera é vicinissima, in prossimità del suo volto, segue la linea delle sue labbra fino a scorgerne il sussulto appena percettibile del respiro nei suoi ansiti irregolari, nelle sue accelerazioni brevi.
La musica della sesta sinfonia di Tchaikosky si interrompe, riprende sullo sfondo. Una cesura netta, un taglio netto dell’ immagine dalla sala di concerto ci riporta all'esterno, alla strada grigia. La ragazza é inquadrata di spalle, poi la camera é vicinissima, in prossimità del suo volto, segue la linea delle sue labbra fino a scorgerne il sussulto appena percettibile del respiro nei suoi ansiti irregolari, nelle sue accelerazioni brevi.
Il
ritmo della musica continua percuotente attraverso la sua mente,
poi affiora alle labbra in poche note,
una scansione ritmica precisa, una singola frase musicale,
una scansione ritmica precisa, una singola frase musicale,
tenue,
vagamente sussurrata alle labbra ritrovando in sé la memoria della
medesima.
Il
viso in primo piano, in sospensione, in raccoglimento, in questa
sorta di pausa, d'arresto repentino che precede l'impulsione, il
passaggio irriflesso all'azione.
Cemento
ricoperto da gelo, un muro in costruzione frontale si erge oltre
l'orizzonte, bianco, atono della stessa tonalità. Deserto di
invisibilità, trasparenza,
glaciazione
diffusa quanto imperscrutabile, da nessuna parte e precisamente là
ovunque.
Ritmo
musicale. Sospensione, immobilità e poi rottura improvvisa.
La
sua corsa attraverso la strada, senza ragione.
L'orchestra
é vista in sala di ripetizione nell'esecuzione maestosa; la potenza
crescente della musica sale dopo infinite interruzioni in lotta per
trovare una propria fluidità,
un
equilibrio compositivo tra le differenti tonalità strumentali, poi
le infime gradazioni che fanno il passaggio dal vivace al grave,
dall’ allegro al malinconico o al solenne.
Il
viso di lei canticchiando una frase , poi, nel cambio repentino
d'immagine, l'orchestra in ripetizione esegue la stessa frase
all'ennesima potenza nel crescendo lirico della musica sinfonica,
avvolgente, ora interrotta a più riprese nel controluce tagliente
della sala.
La
musica diventa questa sinfonia nello spazio che accompagna il
“travelling” cinematografico, l'attraversamento della città da
parte del personaggio. E' allo stesso tempo, il filo conduttore che
lega le immagini in montaggio libero, e ricostruisce una continuità
tra i frammenti estratti dai diversi video. La musica non è presenza
narrativa ma simbolica rispetto all'immagine; si fa portatrice di
colorazioni intime , di sfumature emozionali sottilmente evocate che
rientrano nell'ordine dell'impalpabile, dell'infimo, del non
direttamente traducibile a parole.
La
risonanza che tale realtà produce sull'interiorità dei personaggi,
là dove nulla accade nell'immagine direttamente attraverso l'azione.
Tale
risonanza musicale si traduce in un modo d'essere nello spazio, in un
rapporto al corpo,
esso
per primo in spostamento, in "dislocazione", in movimento
libero attraverso la città anonima, disabitata sullo sfondo. Nel
cammino, nel passaggio,
i
segni che quel corpo dissemina in un'architettura abitata da una
risonanza musicale
che é insieme eco di un’ interiorità.
La
musica della sinfonia, l'orchestra in ripetizione, le infinite
interruzioni e riprese della medesima intercalano il cammino
silenzioso, l'attraversamento della città di ghiaccio da parte della
giovane donna, esso ugualmente dilazionato da esitazioni, arresti
improvvisi di fronte alla non-azione_ nulla accade in quello spazio
se non irruzioni brusche di rumori o punti incidenti che si
intercalano al suo cammino.
La
musica si erge contro il grigiore immobile delle strade deserte,
contro gli spettri della guerra, aleggianti, invisibili sulla città fantasma,
sull’involucro
di paura generato dagli attacchi aerei, contro la violenza celata nel
grigiore dominante,
nella
glaciazione vitale, sulla pelle degli individui, nella circospezione
degli sguardi,
nel
tacere della parola;
nell'ora
del coprifuoco, nella minaccia del bersaglio, nello stadio
d’assedio fisico oltre che mentale dei suoi abitanti.
La
musica accompagna la visione dei palazzi grigi, delle strade grigie,
degli uomini in nero che come automi attraversano la strada. E’
nell'immobilità, nell’astenia ma, anche sale potente nel
controluce della sala, nell'esecuzione interrotta e ripresa con nuova
foga dall'insieme dei musicisti.
La
sinfonia musicale è finemente declinata nelle tonalità dei diversi
strumenti orchestrali:
greve,
angosciosa, ricoperta d'una certa gravità nell'esecuzione degli
ottoni, tuba, trombone o corno inglese;
sottile,
lieve, sinuosa nella ripresa dei flauti aderendo all’intima
respirazione del corpo in cammino.
Soffio vitale ma leggero, appena percettibile del flauto traverso, in eco con il clarinetto e all’oboe.
Soffio vitale ma leggero, appena percettibile del flauto traverso, in eco con il clarinetto e all’oboe.
Tintinnante,
ritmica, ripetitiva e inesausta nel battito, nel tam-tam dei cimbali,
delle percussioni;
maestosa,
pervasiva, in un crescendo lirico che irradia, irrompe come la corsa
della ragazza all’improvviso,
con
il potere di rompere, di aprire una crepa su quella superficie, sulla
congelazione atona e immota del paesaggio, degli umori, degli
affetti.
Musica
rock, un ragazzo prende a colpi di percussione, con foga, una
batteria in un appartamento berlinese semi- disabitato preda d’una
sorta di rapimento ritmico mentre nel sogno ad occhi aperti vede la
ragazza, l’immagine di lei su uno sfondo elettrico d’alberi
violacei, una frase di lei ripetuta all’infinito senza trovare
risposta. La ritmica è violenta,
il
suono invasivo, intrusivo dalla batteria, il battito continuo;
ricopre il silenzio delle voci nell’impossibilità di dirsi, di
comunicare_
la
separazione tra i due. La
musica resta la sola interazione possibile, esplode a tratti in
vibrazioni irregolari e poi si interrompe in cesure altrettanto
imprevedibili. Funziona per linee discontinue, interruzioni brusche
intercalate da brevi riprese,corto-circuiti di sensi,di
senso d’a frase perduta senza trovare risposta.
Un
ritornello ritmico cantilenato esce da una scatola magica, una
scatola che produce suono girando semplicemente una manovella in
un’altra scena, mentre un vecchio avanza solitario su una strada
deserta trascinandosi appresso il suo carretto rosso creatore di
sogni, di suoni contro il grigiore del fondo.
Sulla
facciata d’un edificio ridipinto come un quadro di Mondrian, in
un’astrazione vitale e geometrica linee tangenti, punti, e riquadri
colorati si intrecciano sul fondo della città inerte.
Un
papiro di carta nero forellato ai due lati si ripiega simile a un
gioco d’origami di fronte ai nostri occhi.
La
linea ritmica della frase musicale gioca su questo effetto magico,
propiziatorio del suono investito d’un valore salvifico, come di
segni che ci salvano, qui soprattutto segni d’ordine musicale: la
scatola rossa creatrice di suoni, i suoni d’acqua, gocce di pioggia
che rimbalzano sull’asfalto, i passi in corsa della ragazza sul
marciapiede, il suo respiro, un respiro trattenuto che diviene
accelerazione del medesimo, ansito sonorizzato dal corpo. Allo
stesso modo il battito cardiaco diviene battito udibile sino a
trasformasi in suono, pulsione dall’innato del corpo, la frase
canticchiata a basse voce , infine, frase musicale estratta e
ripresa dalla sinfonia.
La
musica crea continuità, un filo conduttore, una narratività
malgrado i frammenti disparati dei film, l’esecuzione dandosi in un
crescendo musicale , sinfonico intercalato da arresti improvvisi, da
cesure nette imposte dall’alto e riprese sinfoniche tanto più
tumultuose.
Le
interruzioni orchestrali
come le sospensioni del respiro,
gli
arresti nella corsa, le esitazioni cui é lasciata la donna, poi le
sue reazioni impulsive. Allo stesso modo le riprese brusche,
intempestive della musica in sala di ripetizione.
Entrambi la forma d’una lotta, l’inesausto
tentativo di ricominciare, di riprendere la partizione da dove la si
era interrotta, nelle prove orchestrali il tentativo di trovare il
giusto accordo, la vibrazione ideale dell’insieme.
Lottano
per rompere la crosta di ghiaccio spessa e trasparente della
superficie,
la
densità biancastra e immobile che li avvolge,
li arresta, trattiene il loro respiro come in un sussulto, come
l’azione al margine, ai bordi del suo farsi.
Rompere
la crosta di ghiaccio, la
patina di immobilità, questa dimensione di grigiore mortale,
d’astenia priva di colore , lo
stato d’assedio della città, della mente, gli esseri come
fantasmi vagando attraverso quella; o forse lo stato di pericolo
immanente, la paura sottotaciuta, la possibilità esistenziale lì
iscritta e negata.
Se
la realtà resta indecifrabile agli occhi della telecamera, indagata
in questo ermetismo o impossibilità di trovare una chiave di facile
lettura, chiusa in questo silenzio di superficie come la parola
assente nella sua impossibilità di dirsi, la musica come filo
conduttore evoca una colorazione altra, una sorta di linea
emozionale, di risonanza interiore dell’individuo rispetto a quel
reale, oppure é l'eco emozionale che questo inconsapevolmente
riversa sul suo essere.
Se il piano visivo agisce in una messa in spazio
dell’ineluttabile_ l’immobilità del reale come lo stato
d’assedio pervasivo della città, la sua assenza di colore_ la
musica, al contrario, gioca in contrappunto al visivo nelle sue
diverse irruzioni sulla superficie atona: dalla
sinfonia classica al suono della batteria,
dal tintinnio della scatola che emette suoni ai rumori, a volte violenti che accompagnano gli individui nel quotidiano, infine alle poche note che seguono la ragazza nel suo avanzare attraverso la strada.
dal tintinnio della scatola che emette suoni ai rumori, a volte violenti che accompagnano gli individui nel quotidiano, infine alle poche note che seguono la ragazza nel suo avanzare attraverso la strada.
Come
forza intuitiva, espansiva,
intenibile la sesta sinfonia tchaikoskiana é questo crescendo
orchestrale ripreso in tutte le sfumature possibili dai singoli
gruppi strumentali , poi nella potenza sinfonica, nel maelstrom
esplosivo dell’esecuzione d’insieme che si espande, sale e
invade, rompe, manda in frantumi la crosta di ghiaccio, la cappa
densa e irrespirabile di freddo dove sono immersi, assorbiti fin
dentro la pelle, le ossa, gli organi.
Possiede
questo
potere salvifico la musica, in singole note oppure nell’esecuzione
orchestrale, nell’unisono di suoni, prima ciascuno in fase di
ripetizione singola _ i bassi gravi, le corde armoniose, i fiati
lievi, le percussioni ritmiche_ poi esplodendo in
esecuzione sinfonica dirompente.
La
musica é qui respiro vitale che come una vibrazione sonora e sismica
insieme, parte dalle profondità della terra per arrivare ad aprire
crepe su una superficie immobile, immersa in un sonno millenario. E' il controluce tagliente della sala da concerto come le note appena
udibili canticchiate della ragazza per strada, o le ripetizioni
costantemente interrotte e riprese in maestose rivalse musicali in
risposta. Queste forze telluriche o vibrazioni ritmiche e sonore sono
la misura d’una lotta costante contro la superficie,
forze
che spingono dai bordi della glaciazione, dal fondo d’un sonno
apparente, sotto l’apparente piattezza inerte d’una crosta
addormentata.
Crepe
sul ghiaccio aperte dal fluido sonoro, musicale e ritmico come qualcosa che irrompe, invade e si lascia portare simile a corrente d’acqua, a un
fiume che scorre in piena, nella piena esecuzione
musicale dell’orchestra.
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