mercoledì 9 giugno 2010

Una galleria di sguardi ..( testo suggerito da "Kansas Museum", Fanny & Alexander, teatro contemporaneo , Ravenna )



Una galleria di sguardi per cui provare nostalgia guardando indietro verso un tempo che non sapreste ricostruire, ritrovare anche rivivendolo identico a sé stesso. Voltandovi indietro, un istante, senza più riuscire a scorgere i volti,

la strada e l’auto in lontananza quando già il vacuo ha preso il sopravvento

e quella specie di spazio bianco, anonimo e indeterminato ha ingoiato tutto il resto intorno.

Luogo svuotato di presenze umane che fluttua intorno a voi e di cui sareste parte senza sapere la ragione, il motivo del vostro stare.


Una pellicola ininterrotta in bianco e nero, sbiadita come la polvere stinta dei ricordi, filtrata dai giorni a dalle ore, dietro il filo sospeso delle parole, degli incontri,

dei lasciti e degli affronti quotidiani.



Una promessa, un recesso, un ritorno, promessa d’un tempo in divenire che si proietta oltre, sempre un passo più avanti di te, oltre l’orizzonte limitato del tuo sguardo, un tempo che s’allontana dai tuoi occhi man mano t’avvicini facendoti continuare a procedere, a balzi, come per tenerti in vita, in movimento. Orizzonte azzurro pallido, vago e luminoso immerso nella luce fluttuante dell’avvenire, nell’aurea sfuocata del non-sapere che lo circonda e che solo permette di procedere.


Un inciampo, una crepa, una vertigine, l’inciampo senza nome dell’origine, il nodo oscuro della provenienza,

legame di forze, circolo d’energie potente che ancora vi tiene legati

ferendovi le mani e i polsi, tagliando quel filo con le unghie e i denti come fosse acciaio fino a farvi sanguinare.


Una serie di tentativi o metamorfosi mal riusciti, la metamorfosi approssimativa del sé

in infinite varianti, i volti non-finiti di un’improbabile realtà.


Un luogo ferito, un mondo remoto dal cuore selvaggio e incomprensibile

trasfigurato in un nuovo, possibile viaggio.


Una lingua fatta di battiti, senza più voce, con gli organi e i pezzi che vi rimangono

battiti brevi e battiti lunghi di un cuore metallico, di un martellamento ritmico,

di un suono ipnotico, cadenzato e ripetitivo nell’ impossibilità di tradurlo in altri simboli di senso


Un racconto fatto a pezzi, inenarrabile , le cui parole sono già scritte, disseminate in mezzo ai segni opachi,

ai simboli incomprensibili del mondo,

trasferito sotto altre sembianze,

ritrovarlo pezzo a pezzo in mezzo alle deriva di senso d’altri racconti

i residui , i lasciti, i resti, d’altre emergenze; riportarlo alla vostra storia

con occhi chiusi affidandovi alla legge segreta e misteriosa della parola.
































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